Football - 1958 / 1959 season - Wolverhampton Wanderers Team Group They were First Division Champions for that season, retaining the league title they had won the year before. Back (left to right): E. Clamp, J. Murray, G. Harris, M. Finlayson, W. Slater, Ron Flowers, E. Stuart. Front: R. Mason, N. Deeley, Billy Wright, Stan Cullis (Manager), P. Broadbent, C. Booth, J. Mullen.

I “Wolves”, un bambino irlandese e il televisore in bianco e nero

Al Wolverhampton sono legati i primi ricordi di calciatore di un certo George Best. La tv in bianco e nero e quelle memorabili serate sotto i riflettori del “Molineux”

Dieci anni sono passati dall’ultima promozione del Wolverhampton Wanderers in Premier League, prima del ritorno in massima serie griffato Espirito Santo, l’allenatore portoghese facente parte della scuderia di Mendes insieme ad altri numerosi giocatori che lo scorso anno hanno interrotto il digiuno e riportato i Wolves nella massima serie inglese.

Ma non siamo qui per raccontarvi cifre e statistiche sulla formazione arancione, bensì per risvegliare quell’aurea di leggenda e di storia, che da quelle parti, lassù in Gran Bretagna, sono pane quotidiano. Fondati da degli scolari di una scuola nel 1877, e affiancati alla squadra di cricket (Wanderers appunto) i “lupi”, nei loro primi anni hanno vinto anche una FA Cup nel 1893, bissandola poi nel 1908, nell’anno in cui militavano in seconda divisione: un caso di formazione che ha vinto la Coppa d’Inghilterra senza essere club di prima serie.

Ma c’è un preciso momento nella storia dei Wolves che si rievoca connessioni storiche che riguardano un certo… George Best. Sì, proprio il ragazzo maledetto d’Irlanda, ucciso da una dipendenza dall’alcol cronica nel 2005, che da piccolo si era innamorato di quel Wolverhampton che aveva fatto suoi tre titoli di Prima Divisione. Negli anni Cinquanta, guidati dal manager Stanley “Stan” Cullis, gli arancioni conquistarono tre titoli (1954, 1958 e 1959) e disputarono la Coppa dei Campioni, competizione nata da poco su iniziativa del giornale francese “L’Equipe” che radunava le squadre vincitrici dei propri campionati, essendo tutti un po’ stanchi di organizzare amichevoli su e giù per il continente senza alcuna valenza.

Ebbene, in una casa di Belfast, c’era un ragazzino patito per il pallone che scapperà dal suo primo viaggio verso Manchester perché sentiva nostalgia di casa, salvo poi divenire un simbolo della città. Best, seguiva il Wolverhampton… alla tv. Già, la BBC trasmetteva  le amichevoli che la squadra organizzava con le grandi d’Europa in notturna: da quelle parti era già attivo l’impianto di illuminazione per le partite in notturna.

Real Madrid, Maccabi, Celtic, Spartak Mosca e Racing Avellaneda, i nomi delle squadre che scesero al “Molineux” sin da quando, il 30 settembre 1953, furono inaugurati i riflettori in un 3-1 con la nazionale del Sudafrica.

“Fu grazie alla magia della televisione che mi innamorai di un’altra squadra di calcio: i Wolverhampton Wanderers. Anche se le partite in notturna si giocavano già dal 1878, la loro versione moderna è nata nella stagione 1951-52 ed era una rarità quando iniziai a seguire i Wolves , la prima squadra non nordirlandese che vidi in diretta alla tv. Fu amore a prima vista”.

Così Best, nella sua autobiografia ricorda quelle serate più uniche che rare per un bambino che stava vivendo il dopoguerra. Non interrompiamolo:

“Prendevo a pallonate il muro della casa del vicino dieci minuti prima del fischio d’inizio. Si chiamava Harrison, sapeva che ero un patito del calcio. Mi lasciava col fiato sospeso sino a poco prima dell’inizio della partita e poi mi chiedeva: ‘Ti andrebbe di venire dentro a vedere la partita?’”. Quelle squadre russe che affrontavano gli inglesi, erano come alieni all’epoca. “Giocavano in modo incredibile, c’erano sempre 55.000 persone dentro il Molineux. Sognavo di portare le loro maglie color oro. Anche se sulla televisione in bianco e nero del signor Harrison, l’aspetto reale di quelle maglie potevamo solo immaginarlo”.

Il 13 dicembe 1954 il Wolverhampton affronta l’Honved. Il calcio ungherese, all’epoca, è in auge e la nazionale riconosciuta come la più forte, nonostante la sconfitta in finale al Mondiale svizzero di sei mesi prima. La partita finisce 3-2: dopo essere stati sotto nell’intervallo, gli inglesi ribaltano il risultato.

“Il Wolverhampton è campione del mondo”, titola addirittura il Daily Mail. E un bambino di Belfast, nella casa del signor Harrison, avrà certamente esultato.

A proposito di Stefano Ravaglia

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