Accadde oggi: il Torino ribalta la Juventus e Di Canio stende il Milan

27 marzo, una data che evoca due partite da ricordare in Serie A

di Stefano Ravaglia

Il giorno in cui tanti Davide batterono Golia. Sono passati tanti anni, ma la memoria calcistica impone di ricordare. Il 27 marzo, una data da cerchiare per due significative imprese griffate Torino e Napoli, che finirono per beffare le più grande: Milan e Juventus.

I DUE MINUTI GRANATA

27 marzo 1983, Comunale di Torino. La Juventus battaglia con la Roma per lo scudetto, e deve affrontare il Torino nel derby che aveva già fatto suo all’andata, con una rete di Platini. E’ la Juventus della filastrocca “Zoff, Gentile, Cabrini”, dei campioni del mondo in carica, del francese col numero dieci, di Trapattoni in panchina e anche di Boniek che prima della partita è certo: “Sarà più dura con il Widzew Lodz”, avversario da lì a poco in Coppa dei Campioni.

Dammi tre minuti" (Torino-Juventus = 3-2, 1983) - L'uomo nel pallone

E dopo un’ora di gioco pare sia proprio così: Rossi e il francese fanno 2-0, e pare finita. Il Torino, allenato da Bersellini, che non passa un anno memorabile, decide di rispolverare i suoi antichi avi. Un tempo, con Mazzola, Loik, Gabetto, Bacigalupo e tutti gli altri, arrivava il quarto d’ora granata: il Grande Torino metteva la quarta e spazzava via gli avversari.

Stavolta basta molto meno: il 2-1 è di Dossena al 72°, il pareggio è roba di un minuto dopo, con Bonesso, e il terzo gol che ribalta tutto arriva al minuto 74° con Fortunato Torrisi, arrivato in estate dall’Ascoli. Due minuti e mezzo, tre reti e vittoria finale dei granata. La Juventus perderà lo scudetto di 4 lunghezze, a favore della Roma. Dossena ha ricordato: “Andai al Flaminio di Roma con la nazionale, tempo dopo. I laziali ci offesero e ci sputarono addosso all’uscita dall’impianto. Volevano una vittoria della Juventus, piuttosto che dei romanisti”. 

DI CANIO DAY CONTRO GLI INVINCIBILI

Ci sono due date che Silvio Berlusconi da presidente del Milan non si dimenticherà mai, perché intrecciano calcio e politica, i suoi due cavalli di battaglia. Una è il 18 maggio 1994, quando nel giorno dell’investitura da presidente del consiglio, il Milan stava vincendo ad Atene la sua quinta Coppa dei Campioni travolgendo il più quotato Barcellona.

Il secondo giorno, un paio di mesi prima, fu quando maturò l’incarico. Domenica 27 marzo 1994 e lunedì 28, l’Italia va al voto. Sarà l’inizio del bipolarismo e del berlusconismo, nonostante il suo primo governo durerà solo sei mesi.

E’ domenica dunque, e il Milan dove gioca quel giorno? Al San Paolo, casa del Napoli e teatro di mille battaglie in quel recente passato.

Stavolta invece è tutti cambiato. O meglio, è cambiato il Napoli: chiusa l’era Maradona, a Fuorigrotta stanno per scoprire Fabio Cannavaro, futuro capitano dell’Italia Mondiale.

Il Milan invece è sempre lui: veleggia in Europa e anche verso il suo terzo titolo consecutivo, un record dai tempi della Juventus degli anni Trenta. Un mese prima, Sebastiano Rossi ha stabilito anche il record di imbattibilità per un portiere italiano, con 929 minuti senza subire reti. Merito suo ma anche di quella difesa da record sempre la al suo posto: Tassotti, Costacurta, Baresi e Maldini. E quella domenica, il Milan cerca la sua decima vittoria consecutiva, dopo aver piegato l’Inter nel derby sette giorni prima.

Il Diavolo non ha fatto i conti con Paolo Di Canio. Il giramondo che si stabilirà poi in Inghilterra, ha già giocato nella Lazio e nella Juventus, e quel giorno segnerà il gol partita che permetterà al Napoli di battere il Milan dopo tre stagioni.

I rossoneri, con un buon vantaggio sulle inseguitrici, sono quasi appagati, molli, scialbi. I partenopei, gagliardi, ne approfittano a dieci minuti dal termine: Buso sguscia via a metà campo, e Di Canio riceve palla andando all’uno contro uno con Panucci. Il romano ubriaca di finte prima lui e poi Baresi, giunto in raddoppio. E infila la palla con un sinistro secco tra palo e portiere bucando Rossi, non esente da colpe.

Di Canio esplode in una delle sue esultanze poco contenute, dirigendosi a ridosso delle tribune dopo aver percorso la pista di atletica. Per il Milan è comunque una sconfitta indolore: per il titolo, che arriverà il 22 aprile con l’Udinese, mancano pur sempre 4 punti. Ma quel giorno di inizio primavera, mentre si decidevano alle urne i destini del paese, per una volta, fu Napoli a cantare.

 

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