Si sa, è ormai l’unico sfottò rimasto verso i tifosi bianconeri e la Vecchia Signora: le finali di Champions (prima di Coppa dei Campioni) non le vincete (quasi) mai!
E’ una sorta di maledizione quella juventina, che ricorda un po’ quella che grava sulla testa del Benfica dal giorno della cacciata di Bela Guttman, che preso dalla collera disse ai dirigenti della squadra lusitana che non avrebbero mai più vinto nulla in Europa. Da quel momento il Benfica ha perso otto finali europee: una vera e propria maledizione.
Sulla Juve non grava invece nessuna maledizione, semplicemente i bianconeri soffrono particolarmente le finali europee, e l’acquisto di CR7 della scorsa estate dimostra come la dirigenza bianconera voglia invertire questa tendenza il più in fretta possibile.
Nel 1983 la Juventus arriva alla finale di Atene con il favore del pronostico: sì, l’Amburgo sta per vincere il suo secondo campionato tedesco consecutivo, ma i bianconeri hanno in squadra sei campioni del mondo dell’anno precedente più Bettega (che avrebbe fatto parte del Mundial se non si fosse infortunato, e che proprio ad Atene gioca la sua ultima partita con la maglia della Juve prima di trasferirsi in Canada per andare a chiudere la carriera), e oltre questi anche Boniek e Platini. Insomma, se c’è una squadra da battere nel 1983 questa è la Juventus.
Enzo D’Orsi, per ventun stagioni inviato del Corriere dello sport a seguito della Juventus (dal 1979 al 2000), nel suo nuovo libro uscito per Edizioni InContropiede “Gli undici giorni del Trap”, si immedesima in Giovanni Trapattoni, allenatore di quella Juventus stellare, negli undici giorni di avvicinamento alla finale di Atene.
D’Orsi è bravissimo a ricostruire l’ambiente bianconero di quei giorni: dalla sicurezza nel successo di Giampiero Boniperti ai turbamenti di Dino Zoff, infastidito dalle voci di mercato che lo vorrebbero rimpiazzato da Bordon per la stagione successiva, dall’euforia dei tifosi della Vecchia Signora che si vedono già il trofeo in bacheca ai turbamenti del Trap che, da vero uomo di calcio navigato, sa benissimo che contro i tedeschi sarà tutt’altro che una partita facile. E alla fine sarà proprio il Trap, unico esponente di quella Juventus a poter già vantare un successo in Coppa dei Campioni (che in realtà sono addirittura due, entrambi con la maglia del Milan, nel 1963 e nel 1968), ad avere ragione. Nei suoi viaggi verso Amburgo nelle settimane precedenti la finale, il Trap si accorge di come la compagine tedesca sia una squadra completa, con reparti complementari che, nonostante la mancanza di fenomeni veri, rendono l’Amburgo un top-team.
Nel libro D’Orsi-Trapattoni ci fa vedere come si prepara una finale europea: studio continuo dell’avversario; videocassette viste e riviste per tutti e gli undici giorni precedenti la partita sia nello studio di casa in solitudine sia nella sala video del Comunale (che altro poi non è che la sala stampa dello stadio) assieme a tutta la squadra; partitelle con la squadra con la pettorina che deve giocare da Amburgo riproponendo schemi ed idee di gioco dei tedeschi.
Per tutto il libro, fino al giorno della finale, si capisce quanto il Trap non si fidi di Ernst Happel, tecnico dell’Amburgo e, un decennio prima, allenatore di quella perfetta macchina che fu il Feyenoord, con il quale già s’incontrò nella semifinale di Coppa dei Campioni del 1978, quando la Juventus di Trapattoni venne sconfitta proprio da Happel, all’epoca allenatore del Club Bruges.
Dal libro si esce con la convinzione che Giovanni Trapattoni è stato un grandissimo allenatore e un profondo conoscitore del gioco del calcio, e questo è un altro merito di Enzo D’Orsi, rivalutare l’immagine di un uomo che paga i quattro anni bui passati sulla panchina della nazionale italiana ad inizio millennio.
Ad arricchire l’opera vi è la prefazione di Roberto Beccantini.
Libro assolutamente consigliato, leggetelo.
Formato cartaceo
Titolo: Gli undici giorni del Trap
Autore: Enzo D’Orsi
Editore: Edizioni InContropiede
Anno: 2018
Pagine: 130
Prezzo: 13,50 euro
Di Davide Ravan