© Schlegelmilch Photography

Non si potrà mai fare a meno di Gilles

Nella storia delle corse ci sono date impossibili da dimenticare. Tra queste, tra le tante, vi è anche il 18 gennaio del 1950… 

La storia della Formula 1 è fatta di emozione, gloria, tragedia, numeri, uomini, date. Anche queste sono tante, come tanti sono coloro che le hanno spinte al livello del ricordo comune, che le hanno rese protagoniste di racconti, libri, canzoni e tanto altro. 

E, tra queste tante date, personalmente non ho mai dimenticato il 18 gennaio del 1950. Un po’ perché il 1950 è l’anno in cui la massima espressione dell’automobilismo, sotto lo sguardo curioso di una giovane e futura Regina, prende vita, un po’ perché corrisponde al giorno in cui viene alla luce un mito eterno. Uno di quelli che, insieme a pochi altri, anche un non conoscitore pignolo dei 73 anni di Formula 1, riconoscerebbe anche solo da un fotogramma sfuggente. 

La vita di Gilles Villeneuve, cominciata in quel giorno di metà gennaio dalla fredda Saint-Jean-sur-Richelieu, mi piace pensarla come indissolubilmente annodata al filo del destino del mondo delle corse. Delle corse “tra i grandi”. 

Perché quel piccolo pilota proveniente dal Paese della foglia d’acero in maniera del tutto genuina avrebbe rapito i cuori di tifosi e di intere generazioni. 

Avrebbe affascinato quanto stupito per quel suo spettacolare menefreghismo del pericolo, della razionalità, totalmente annullata di fronte al desiderio di raggiungere il massimo ad ogni costo. Avrebbe fatto “ammalare”. E ci sono malanni, come la Febbre Villeneuve, da cui non si guarisce. Mai.  

Anzi, se ne continua a parlare, per conoscerne tutto, ogni sfumatura, ogni impresa, ogni sfida. E anche in quelle più celebri, c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire.  

Recentemente, la rivalità tra Villeneuve e Pironi è tornata a far parlare di sé nel piccolo schermo in uno dei periodi più dolci, sensibili – e se vogliamo anche malinconici, a volte – dell’anno. Ovviamente, non ho esitato e appena disponibile ho schiacciato il pulsante “play” del telecomando. I più scettici avrebbero esordito con un cinico “è la stessa storia trita e ritrita…”. Niente di più sbagliato. 

Dopo l’ultima scena, d’istinto, mi viene questa riflessione. Immaginiamo due linee. Due linee parallele che, instancabili, continuano a marcare il foglio della vita su cui scorrono con un tratto spesso, che non sbiadisce mai, che prosegue deciso e rapido verso l’infinito. Bene, nel loro viaggio verso il raggiungimento dell’infinito, improvvisamente nel foglio le linee rallentano. Cambiano rotta. Si avvicinano. S’incrociano. E da parallele, diventano inevitabilmente una l’incontro dell’altra, con un solo e grande punto in comune: il sogno di diventare campione del mondo. 

Le due linee, per chi non lo avesse capito, sono Gilles e Didier. Villeneuve e Pironi. Due nomi e due cognomi che trasudano di talento e sofferenza. Di luce e di buio. Due uomini di cui si è detto, soprattutto negli ultimi quarant’anni. E di cui non si può, né si potrà fare a meno.  

Non si potrà mai fare a meno di ricordare Gilles, nel giorno della sua nascita come nel giorno della sua morte. Non si potrà mai fare a meno di conoscere il suo essere uomo, padre, o marito. Del suo essere giovane ma già grande, del suo essere pilota nell’era della morte non occasionale né rara, alimentato da quella costante eccitazione fatta a follia per l’adrenalina e la velocità. 

Perché la velocità, unita alla voglia di vincere e alla voglia di non avere nessuno che possa ostacolare la tua visuale dal belvedere del successo, ti fa sentire terribilmente vivo. E, al tempo stesso, quella fame di eccellere e di farcela, ha un peso. Un peso che fa sia bene che male. Che può rendere una vittoria un urlo liberatorio, un ostacolo una frustrazione, un torto una condanna.  

Per questi motivi, non ricordare il 18 gennaio di settantatré anni fa non sarebbe giusto. Perché? La risposta è semplice: perché non si potrà mai fare a meno di Gilles.


Foto: LAT ARCHIVE

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