Friedrich “Fritz” Walter, il primo capitano di una nuova Germania

L’attaccante tedesco, bandiera del Kaiserslautern, conduce la sua nazionale al primo trionfo Mondiale. E viene salvato dalla prigionia grazie al calcio.

di Stefano Ravaglia

Domenica 3 luglio 1954, un ragazzino undicenne timido e goffo, figlio di un pastore della regione tedesca dell’Assia, trova il modo di evadere. Quel giorno è in programma Ungheria-Germania, e contro ogni pronostico, con l’orecchio teso alla radio, il ragazzino ascolterà il suo disastrato paese vincere il Mondiale.

Era da poco passato il secondo conflitto mondiale che lasciò in ginocchio quello che doveva diventare un impero millenario, e pensiamo che realmente qualche ragazzino abbia avuto sul serio il suo momento di gloria. Ma questa non è altro ciò che accade al protagonista di un libro, “La domenica che vinsi i mondiali”, datato 1994 ad opera di Friedrich Delius, la quale storia di scrittore si intreccia con quello di un altro Friedrich, venuto al mondo il 31 ottobre 1920, e che di cognome faceva Walter. E quella finale la giocò da grande protagonista.

Figlio del Kaiserslautern, o meglio, di un inserviente del club, cresce a pane e pallone e diventa il più bravo alfiere di Sepp Herberger, il tecnico che solleverà quella Coppa Rimet, la prima delle quattro coppe del Mondo tedesche. Non solo abile coi piedi, ma anche di grande carisma, forza e umiltà, “Fritz” sarà una colonna del Kaiserslautern per tutta la vita, dal 1928 al 1959.

E sarebbe potuto non esserlo: un curioso episodio, accaduto durante il periodo di prigionia nei gulag russi, dai quali fu catturato durante la seconda guerra mondiale, lo vede protagonista: venne salvato da una guardia che lo riconobbe durante una partita tra prigionieri e guardie, dicendo loro che era austriaco e non tedesco. Al Mondiale svizzero in cui la Germania prima perde male con l’Ungheria nel girone e poi la batte in finale, Walter segnerà tre reti, di cui due su rigore.

Saranno invece 379 le presenze e ben 306 gol con la maglia del suo club. Fritz Walter morirà nel 2002, a 81 anni, e non riuscirà a vedere il Mondiale del 2006 disputato anche nella sua Kaiserslautern.

Oggi, il neonato a cui fece da padrino al battesimo, è divenuto presidente della federcalcio tedesca: anche lui si chiama Fritz, di cognome fa Keller e produce vino e custodisce nell’hotel di famiglia una maglia originale di Helmut Rahn, autore del gol decisivo agli ungheresi nel 3-2 finale.

Nel 2003  Fritz Walter viene insignito del titolo di miglior giocatore dei precedenti cinquant’anni del calcio tedesco: il paese decise, almeno in quella classifica, di metterlo davanti a due indiscussi e immortali protagonisti quali Muller e Beckenbauer. Per una volta, e per “Fritz” Walter, si poteva fare un’eccezione.

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