Il calcio scopre il tempo delle disuguaglianze

La crisi di liquidità causata dalla pandemia sta minando anche i conti delle big europee. Gli spalti vuoti hanno privato d’introiti vitali le società, costrette a offrire quote a investitori esterni.

Dopo i mesi di lockdown l’Italia e il resto del mondo hanno avviato una graduale ripresa delle attività: durante l’estate abbiamo assistito alla conclusione di tutti i tornei più importanti in una speranzosa situazione sanitaria che aveva permesso anche una parziale riapertura degli impianti.

Ma in questa fase, però, ci si accorge che la crisi sanitaria viaggia di pari passo con quella economica, mettendo in serio pericolo ogni settore indistintamente, senza tralasciare nemmeno il mondo del pallone.

Arriviamo da anni di disuguaglianze nel mondo del lavoro e che ha colpito i lavoratori dipendenti di ogni settore, senza alcun intervento di tipo governativo e sindacale, confinandoli tra gli invisibili e con contratti vergognosi e stipendi da fame. Ovviamente ha colpito anche il “settore privato” e che comprende di tutto, dalle famiglie ai piccoli negozi fino alle multinazionali.

Ora è il mondo del calcio, che per anni ha vissuto in una bolla ricoperta d’oro, così come altri sistemi a lanciare l’allarme e a rendersi conto delle difficoltà da affrontare quando inizia a scarseggiare il denaro, dopo anni di spese folli.

La forbice delle disuguaglianze del calcio europeo aveva già prodotto i suoi effetti nel corso degli anni con la creazione di alcuni tornei come la Champions ed Europa League. Le “coppe dei ricchi” e che hanno estromesso le piccole federazioni dalla grande torta, lasciandogli solo le briciole. A uscirne danneggiate sono state le realtà dell’Est che negli anni 80-90 avevano messo in serie difficoltà le grandi del vecchio continente.

Tornando all’attualità è bastata l’ultima sessione di mercato per capire l’aria che tira, oltre ai pareri espressi da alcuni massimi dirigenti del calcio italiano come Giuseppe Marotta, Adriano Galliani e Paolo Dal Pino negli ultimi giorni. La situazione è allarmante. È stato invocato un differimento sulla tassazione per scongiurare il default. Il problema è reale e non riguarda solo l’Italia, ma tutta l’Europa. Sì è compreso che il Covid ha messo in ginocchio tutti e che i soldi sono finiti.

Di questo tema ne ha parlato anche il ‘Corriere del Sport’, mostrando come i dati confermati dall’analisi del Cies Football Observatory, hanno visto il calciomercato dei principali 5 campionati d’Europa con una perdita di affari della bellezza di 2,5 miliardi rispetto all’estate del 2019. La tendenza è destinata a confermarsi anche nella sessione invernale con un calo di 560 milioni rispetto al precedente dove ne erano stati spesi 1300.

Lo scenario del calcio europeo

Solo la Premier League ha limitato le perdite con “soli” 157 milioni spesi in meno rispetto al precedente, ma rimane comunque quello più spendaccione seguito a ruota dalla Serie A con un esborso di 667 milioni. Al terzo posto si classifica la Ligue 1 con 474 milioni spesi rispetto ai 755 del 2019. La Spagna è quella che ne ha risentito di più con 348 milioni spesi rispetto ai 1397 del 2019.

Il caso più eclatante è quello del Barcellona, costretto a tamponare un’emergenza finanziaria gravissima. Nel mese di ottobre ha ricevuto un prestito concesso dalla Goldman Sachs di 815 milioni per finanziare il progetto di ristrutturazione del Camp Nou e dello stadio Johan Cruijff. Il club catalano, di proprietà dei soci, per la prima volta offrirà quote asset a investitori esterni dopo una perdita di 200 milioni di potenziali ricavi.

(foto: FC Barcelona)

Infine, la Bundesliga si dimostra ancora una volta maestra del risparmio con 333 milioni spesi rispetto ai 777 dell’estate 2019.

La perdita della biglietteria, la fuga degli sponsor e del merchandising gravano per il 70% dei bilanci. La sfida non è solo demolire un modello economico creato su ingaggi osceni per giocatori mediocri, ma soprattutto costruirne uno nuovo: cosa si può fare subito?

Servirà molta fantasia con un aumento del mercato degli svincolati, prestiti e parametri zero. Un boom confermato soprattutto nella recente sessione di mercato con un incremento del 40,8% solo in Italia e che ha visto un +12% rispetto al 2019. E ridurre la sproporzione tra costo del lavoro e il fatturato attuale cercando di salvaguardare quelle figure professionali che troppo spesso non vengono citate come magazzinieri, cuochi, autisti, medici, massaggiatori, responsabili della comunicazione e mi scuso se ne ho dimenticati molti altri.

E se non verrà risolto questo pericolo sanitario è praticamente certo che la crisi colpirà ancora più duro finché tutto crollerà come un castello di carte. La mancanza di ossigeno rischia di avere conseguenze irreparabili e che potrebbero ridisegnare la geopolitica del calcio europeo.

Serve urgentemente una soluzione sostenibile tra mondo del calcio e istituzioni, a volte troppo lente nel prendere delle decisioni.

A proposito di Cristian La Rosa

Cristian La Rosa. Classe ’76, ama il calcio e lo sport in generale. Segue con passione il calcio internazionale e ha collaborato con alcuni web magazine. È il fondatore, ideatore ed editore.

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