Era da tanto tempo, forse troppo per un nostalgico come me, che non sentivo il nome di José Luis Chilavert balzare all’onore delle cronache per aver espresso il proprio parere, in questo caso, riguardo la federazione paraguaiana.
Calcio, Storie mondiali, Sudamerica, José Luis Chilavert / La prima volta che lo scoprii era il lontano 1994; io appena imberbe assieme a mio nonno, milanista fino all’osso, ci eravamo alzati all’alba per vedere la Coppa Intercontinentale tra il Velez Sarsfield ed i rossoneri.
Se non conoscete il finale potreste informarvi ma il punto è un altro: in quella partita mi ero reso già conto di quanto quel portiere, di chiare origini indio, fosse un leader nell’animo.
Il suo carisma è stato universalmente riconosciuto sia in campo, per come guidava i compagni, sia fuori dal rettangolo di gioco dove in più di un’occasione ha espresso pareri tanto giusti quanto crudi.
L’ultimo episodio in proposito si è avuto l’altra notte quando ha rilasciato una dichiarazione non proprio amichevole contro l’attuale presidente della federcalcio paraguaiana, reo secondo lui di mettere all’asta la panchina albirroja.
E’ risaputo che Chilavert è sempre stato particolarmente legato al suo paese e di conseguenza ai destini della sua nazionale con la quale ha disputato ben due mondiali (1998-2002) totalizzando 74 presenze e ben 8 reti.
Per chi non lo sapesse José Luis Chilavert aveva molta dimestichezza sia con le punizioni che con i rigori; queste qualità gli consentirono di essere a lungo il portiere con più gol all’attivo della storia, sorpassato solo il 20 agosto 2006 dal mitico Rogerio Ceni.
Nella sua carriera ha segnato 54 gol nei club (di cui ben 48 con la maglia degli argentini del Velez coi quali ha vinto tutto) e 8 in nazionale, per un totale di 62 (di cui 45 su calcio di rigore, 15 su punizione e 2 su azione).
La designazione di Eduardo Berizzo a tecnico della nazionale non gli è andata giù; il “Chila”, oggi 53enne, ha duramente contestato la dirigenza dell’AFP, maggiormente il presidente Harrison, sostenendo che il Paraguay ha bisogno di un tecnico autoctono e non l’ennesimo “straniero” a caccia di un buon contratto.
Del resto non gli si può dare tutti i torti visto anche l’ultima, non proprio felice, esperienza avuta con in panca Osorio, accusato di scarsi risultati nonostante fosse stato strapagato dalla federazione.
Conoscendo il personaggio, possiamo star certi che attenderà la prossima Copa America di giugno in Brasile per poter sostenere con fierezza il suo pensiero se le cose non dovessero andare come prospettato.