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Il Milan di Rangnick? Sarebbe stato senza Ibrahimovic: “Non ha senso puntare su lui”

Quello di Ralf Rangnick è un nome che gli appassionati di calcio italiani hanno imparato a conoscere molto bene. Per mesi infatti si è parlato di lui come dell’uomo scelto dal Milan per dare vita ad un nuovo ciclo. Di fatto, un accordo con il club meneghino era stato anche trovato, a far sfumare il suo approdo in Italia, o magari solo a rimandarlo, sono però state le decisioni prese dalla società a seguito di un finale di stagione in crescendo.

Rangnick, in una lunga intervista rilasciata a ‘La Gazzetta dello Sport’, ha svelato quando sono partiti i primi contatti con il Milan.

“Fine ottobre, quando la squadra era in una situazione complicata: a tre punti dalla zona retrocessione”.

Le discussioni sono poi andate avanti per mesi, prima che il Milan decidesse di confermare Stefano Pioli.

“La squadra è stata la migliore post Coronavirus. Cambiare non sarebbe stato saggio né rispettoso. Pioli ha meritato la conferma, anche per la persona che è: l’ho apprezzato nelle interviste, sempre concentrato sugli obiettivi. Se poi è la scelta giusta nel medio e lungo termine è un’altra questione”.

La trattativa con il tecnico tedesco ha dato vita anche a polemiche nel corso della stagione. Maldini e Boban hanno parlato di lui in toni non propriamente positivi.

“Nella vita una delle mie regole è: non parlare di chi non conosci personalmente. E da parte mia non è mai stata detta mezza parola sul Milan, mai. Posso parlare di Maldini ex giocatore: è stato straordinario, una leggenda vera e propria. Ma non posso dire lo stesso da direttore sportivo: semplicemente, non lo conosco in questo ruolo. Da esterno ci si può chiedere se la proprietà è contenta dei risultati in rapporto al denaro investito negli ultimi anni. Io causa del divorzio tra Zvone e il Milan? Dovete chiedere a chi rappresenta il club”.

Per mesi si è parlato di un Rangnick pronto a rivoluzionare il Milan e a rinunciare ad Ibrahimovic.

“La domanda da fare è un’altra. Perché il Milan si era rivolto a me? Cosa mi volevano far fare? Se lo ha fatto è perché, magari, cercava una svolta. Lavoro alla crescita, e i giovani imparano molto più in fretta. Non è nel mio stile insistere su giocatori di 38 anni, non perché non siano abbastanza bravi, e Ibra certamente lo è, ma perché preferisco creare valore, sviluppare il talento. Per me ha poco senso puntare su Ibra o Kjaer, ma è la mia idea, né giusta né sbagliata, semplicemente diversa. Quando Ibra ha detto di non conoscermi non aveva torto, perché anch’io non lo conosco personalmente, non avendoci mai parlato”.

Ranginck rappresenta al meglio la figura del tecnico-manager capace di lavorare anche come direttore sportivo ed ha spiegato cosa serve secondo lui al Milan per ritornare a grandi livelli.

“Porsi un obiettivo concreto, in questo caso la Champions perché nessuno è felice di giocare in Europa League, magari il giovedì sei a Baku e la domenica a Cagliari. Sarà paradossale ma l’esempio è a 30 km di distanza da Milano: l’Atalanta ha un terzo del fatturato del Milan ma arriva davanti. Fanno investimenti intelligenti, hanno un settore giovanile tra i migliori d’Europa. Se qualcuno è bravo, io cerco di capire che strada ha seguito. Gasperini è bravissimo ma non è il solo. Si vince di squadra. Tra gli allenatori italiani cito subito anche Conte: ha uno stile di calcio sofisticato, attivo e aggressivo”.

A proposito di Cristian La Rosa

Cristian La Rosa. Classe ’76, ama il calcio e lo sport in generale. Segue con passione il calcio internazionale e ha collaborato con alcuni web magazine. È il fondatore, ideatore ed editore.

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