Quando i New York Cosmos sparirono a causa di E.T.

Il club che riuscì ad arruolare assoluti fuoriclasse del calibro di Pelé, Beckenbauer e Chinaglia cercò di far esplodere definitivamente la mania del “soccer” negli States, ma fallì clamorosamente anche a causa di un videogioco.

Questa è una delle storie più incredibili del calcio moderno o meglio di un grande sogno: quello di far decollare il “soccer” a stelle e strisce, un movimento che, negli anni ’70 e agli inizi degli ’80, riuscì a proporre una delle formazioni fuori da ogni immaginazione.

E’ accaduto tutto realmente, in quello che è considerato uno dei più grandi fallimenti sportivi e del mondo del calcio. Parliamo dei New York Cosmos, un team stellare che nel corso della sua breve storia riuscì ad arruolare fuoriclasse del calibro di Chinaglia, Pelé, Beckenbauer, Carlos Alberto e ancora Neeskens, Cruijff anche se solo per due partite amichevoli ed Eskandarian, solo per citarne alcuni.

Gli americani vogliono spettacolo

Nomi da favola acquistati con lo scopo di far entrare nel cuore degli americani uno sport che all’epoca non riusciva proprio ad entusiasmarli, forse a causa delle esigenze dello show business dovuta dall’egemonia degli sport tradizionali statunitensi. Solo il baseball, il basket, l’hockey e il football americano venivano riconosciuti come sport universali.

Il progetto partì dalle regole elementari dello show-business: si cercò di attirare rockstar, attori, sportivi e politici di rilievo nelle tribune degli impianti e vennero introdotte delle nuove regole per creare più reti e spettacolo in modo da attrarre un pubblico abituato ai grandi punteggi degli sport tradizionali.

Il fuorigioco non venne più fischiato con riferimento di demarcazione la linea di centrocampo ma in una riga non immaginaria posta ai trentadue metri dalla linea di porta; i 6 punti a vittoria più uno ad ogni gol segnato, mentre il pari valeva 3 punti. Infine venne introdotta la regola dei rigori in caso di parità, gli shoot-out. Il timer non segnava i tradizionali novanta minuti, bensì un count-down che concludeva la partita una volta raggiunto lo zero e senza recupero.

Ottennero porte più grandi e nomi sulle maglie per favorire il merchandising, sino all’intervento della FIFA alla vigilia dei mondiali di Spagna ’82 che mise fine a queste idee rivoluzionarie.

Nasce l’idea di creare un ‘dream team’

La Time Warner Communication decide di puntare forte su questa nuova frontiera e non bada a spese mettendo a segno acquisti milionari.

Uno su tutti quello nel 1975 di Edson Arantes do Nascimiento, conosciuto come Pelè, pagato circa cinque milioni di dollari (più di quanto avesse mai guadagnato al Santos in tutta la carriera) grazie a un contratto firmato con la casa discografica Atlantic Records da “recording artist” (musicista) e da “performing artist“.

Cifre sbalorditive per l’epoca e che furono una delle cause, come leggeremo in seguito, per il fallimento del club e il “progetto soccer”, a causa della crisi della società controllante dalla stessa Warner.

Ambito dal Real Madrid e dalla Juventus per diversi mesi e in preda a gravi difficoltà finanziarie, decide di accettare la proposta di tornare in campo dopo il ritiro con la maglia del Santos, nonostante una condizione fisica che lasciava molto a desiderare, così come inizialmente le infrastrutture del suo club. Tra tutte lo Stadio Downing, un recinto fatiscente senza acqua corrente e situato sulla piccola isola di Randalls.

L’esordio in una partita di esibizione contro i Dallas Tornado, trasmesso in diretta dalla CBS Sports, fa il giro del mondo e riesce a portare nel piccolo impianto 30.000 tifosi, molti dei quali, assiepati a bordo campo dietro le porte. Il match terminò con il risultato di 2-2 e O Rei realizzò un gol e fu autore di un assist. L’evento conferma un ottimo seguito mediatico e spinge la Warner ad investire ancora di più.

Dopo di lui arrivano in poco tempo l’ex compagno di Nazionale Carlos Alberto, il pallone d’oro Franz Beckenbauer e Giorgio Chinaglia. L’attaccante che rimarrà per sempre nei cuori dei tifosi laziali detiene il record ancora oggi imbattuto di 193 gol siglati in 213 partite.

Gli Stati Uniti si sentivano pronti per dominare la scena del calcio mondiale; si comprende che il prodotto potrebbe funzionare con le dovute coperture mediatiche, quindi perché non farlo attraverso un club che bruci in fretta ogni tappa, spendendo in breve tempo milioni di dollari per diventare subito grande?

L’idea piacque molto e Steve Ross, incaricato dalla Warner per creare in breve tempo la squadra più prestigiosa del mondo tra gli anni ’70 e ’80. Sul campo i risultati non tardarono ad arrivare grazie alla conquista di 5 titoli della North American Soccer League (NASL), nata sul finire degli anni ’70 dalla fusione della United Soccer Association e la National Professional Soccer League.

Ma da lì a breve, il colosso fondato da Jack Warner, gigante dell’intrattenimento e di interessi in ogni ramo della cultura americana che controllava il club, andò in crisi a causa di un videogioco con conseguenze disastrose per il “soccer”.

Il più brutto della storia, secondo gli esperti. Diede vita a due avvenimenti rimasti nell’immaginario collettivo in America: l’“Atari shock” e l’“Atari videogame burial”, che portò successivamente alla produzione di un film.

Il fenomeno Cosmos, tra champagne, jet privati e notti folli allo Studio 54, precipitò in fretta per via degli ingaggi faraonici e anche a causa di quel videogioco dedicato a E.T. l’extra-terrestre, un leggendario film di fantascienza diretto da Steven Spielberg e uscito nelle sale cinematografiche nel 1982 vincitore di un Premio Oscar nel 1983.

I giochi non ebbero successo: Cosmos e NASL fallirono

La Time Warner possedeva anche la galassia Atari, il più importante mercato dei videogames dell’epoca e considerata negli anni 80′ la nuova frontiera del futuro. Più dell’80% della fetta di mercato dei videogiochi, fatturava cifre da capogiro per più di due miliardi di dollari come nell’anno 1982. Tutto questo generava dal 65% al 70% dei profitti complessivi della società Warner Communications.

Nel 1983 una grande crisi investì il mercato videoludico. Produrre un videogioco era diventato proibitivo (costi elevati, quasi come produrre un film) e proprio in quell’anno la Warner commise un errore madornale.

Decise di convertire la versione del film “E.T. L’extra-terrestre”, un successo planetario, sborsando al regista Steven Spielberg la cifra astronomica di 20 milioni di dollari per la sola acquisizione dei diritti.

Atari si mise subito al lavoro e produsse in breve tempo 5 milioni di cartucce del gioco per venderlo in concomitanza delle festività natalizie del 1982, ma vendette solo 1,5 milioni di copie e si ritrovò quindi con più della metà delle cartucce del gioco invendute.

Tutto questo si rivelò un investimento catastrofico e che portò alla crisi di tutto il mercato del settore. E fù così che, alla fine del 1983, Atari perse 536 milioni di dollari e l’anno seguente Warner Communications decise di vendere la divisione console di Atari, conservando solo quella relativa alla produzione degli arcade.

Dopo aver allestito quella che per l’epoca era la più grossa campagna pubblicitaria mai fatta per un videogioco i rivenditori, anch’essi delusi dalle mancate vendite, chiesero ai produttori l’istituzione di programmi ufficiali per il ritiro del materiale invenduto con il risultato che Atari si ritrovò alla fine con diversi milioni di cartucce assolutamente invendibili.

“Ero molto emozionato dall’idea di poter lavorare con Steven Spielberg”,

ha detto in una recente intervista alla BBC Howard Scott Warshaw responsabile del videogioco che aveva pensato a un gioco d’avventura in cui E.T. sarebbe dovuto andare alla ricerca di componenti per costruire il suo telefono inter-planetario e fare la famosa telefonata “a casa”.

Warshaw dovette però creare da zero il gioco in sole 5 settimane in modo che potesse essere messo in vendita in concomitanza per le festività di Natale di quell’anno. Ma la frettolosità con cui venne sviluppato ne pregiudicò la qualità.

“Doveva essere il miglior videogioco sulla Terra, ma è stato il lavoro più difficile che io abbia mai fatto nella mia vita. I dirigenti di Atari credevano che la sola presenza di E.T. sulla copertina fosse garanzia di grandi guadagni”.

Una crisi che si aggiunse al mancato successo di Pac-Man acquisito dal colosso nipponico Namco, oltre ai mancati introiti pubblicitari derivati dal “soccer” tra desolazione e spalti vuoti, nonostante le majorette, le cheerleader e birre a basso costo servite dalle cameriere sugli spalti.

Tutto questo portò la sussidiaria che deteneva i Cosmos, la Global Soccer, Inc, a compiere nel settembre del 1983 un gesto incredibile e che all’epoca venne ripreso dal quotidiano locale Alamogordo Daily News a cui in pochi diedero credito.

Il giornale del Nuovo Messico dichiarò in una serie di articoli che, durante il mese, tra i 10 e 20 autoarticolati rovesciarono nella vicina discarica della città il carico dei loro semirimorchi contenenti scatole, cartucce e console di giochi provenienti da un magazzino di Atari che si trovava a El Paso, Texas, per distruggerlo e seppellirlo.

Solo nell’aprile del 2014, a distanza di oltre 30 anni, scavi nel deserto di Alamogordo (New Mexico) portarono alla luce la sepoltura di migliaia di cartucce di videogiochi e che quelle notizie non vennero inventate. Per molti anni venne considerata una leggenda metropolitana, ma quell’evento confermò una volta per tutte la veridicità dell’evento.

Le autorità cittadine distribuirono qualche migliaio di cartucce fra le circa 792.000 recuperate; alcune vennero messe in vendita in aste su internet, mentre altre vennero donate al museo dei videogiochi VIGAMUS di Roma, dove sono tutt’oggi esposte al pubblico.

La Warner, nel frattempo, indebitata per oltre trenta milioni di dollari e con più di duemila dipendenti lasciati sul lastrico, nel 1983 nominò l’ex bomber Giorgio Chinaglia presidente per risollevare le sorti del club mentre questi era già a capo della Lazio, fresca di promozione in A. Ma l’ennesimo tentativo si concluse con un brusco ridimensionamento tra problemi finanziari e pochissimi spettatori.

In NASL ben 22 club fallirono e da lì a poco la missione di esportare la loro idea di calcio globalizzato grazie ai New York Cosmos smise di esistere, come tutto il movimento professionistico americano per dar vita nel 1984 ad un improponibile campionato di calcio indoor, la Major Indoor Soccer League.

Nel 1985 e sull’orlo della bancarotta decise di cessare ogni attività agonistica per poi rinascere nel 2009 grazie a una cordata di imprenditori facente capo a Paul Kemsley, ex vicepresidente del Tottenham, che rilevarono il marchio.

Ma nel novembre 2016 la società, dopo aver vinto la NASL con Raul, un ex Real Madrid in campo, si ritrova nuovamente in gravi condizioni economiche e venne costretta a rilasciare tutti i suoi giocatori e lo staff tecnico, impossibilitata a garantire risorse finanziarie per il futuro, mentre i dipendenti vantano alcuni stipendi arretrati.

La rinascita grazie a Mr.Commisso

Dal 2017 si volta pagina e si riparte nel segno della ricostruzione, non solo finanziaria, sotto la guida dell’attuale presidente della Fiorentina, Rocco Commisso, uomo d’affari nel settore dell’informazione e nella distribuzione di contenuti multimediali.

Subentrato dopo l’ennesima fallimentare gestione del club, l’imprenditore italo-americano riesce nell’impresa di salvarlo dalla bancarotta, a risarcire tutti i dipendenti per poi iscriverlo al nuovo campionato di terza divisione, la National Independent Soccer Association (NISA).

Le prime parole il fondatore di Mediacom sono stati un omaggio alla città e ai tempi gloriosi del club newyorkese:

“Come molti dei nostri grandiosi tifosi, ho seguito con passione i Cosmos sin dai favolosi giorni di Pelé, Chinaglia, Carlos Alberto, e Beckenbauer. Sapete tutti quanto siano profonde le radici che ho a New York City; sono stato un ex giocatore, un allenatore delle giovanili e anche fiero sostenitore del programma di calcio della Columbia University. Sono qui per dire che non vedo l’ora di ricostruire una storia memorabile per la squadra di calcio più iconica degli Stati Uniti.”

Dopo l’esperienza della Coppa del Mondo nel 1994 e la nascita della Major League Soccer, il calcio ha con i giusti passi iniziato ad appassionare gli sportivi e anche i dati di sponsor, introiti televisivi e spettatori paganti lo confermano.

Nella terra dello Zio Sam sono aumentati ancor di più i controlli delle gestioni finanziarie dei club per evitare di commettere gli errori di quel folle passato fondato soltanto sulla mancanza di contatto con la realtà e idee troppo avveniristiche.

A proposito di Cristian La Rosa

Cristian La Rosa. Classe ’76, ama il calcio e lo sport in generale. Segue con passione il calcio internazionale e ha collaborato con alcuni web magazine. È il fondatore, ideatore ed editore.

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