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Foto: Twitter Napoli

Sarri alla Juventus, il ‘compagno’ che si fece ‘padrone’

Per i tifosi napoletani (e non solo) il passaggio di Sarri alla Juve equivale a un tradimento non solo calcistico, ma politico.

Lo faccio per passione, come Maurizio Sarri. Niente giacca e cravatta, come Maurizio Sarri. Sto con la barba sfatta, come Maurizio Sarri. Hasta la Revolucion, come Maurizio Sarri”. Così cantava Anastasio, vincitore dell’ultima edizione di X Factor e, inevitabilmente e dichiaratamente, tifosissimo del Napoli. “Come Maurizio Sarri“, questo il titolo della canzone, non è soltanto una hit giovanile, (potete ascoltarla cliccando qui) ma è un vero e proprio manifesto ideologico, una dichiarazione d’amore, un endorsement politico. Maurizio Sarri a Napoli significava lotta al padrone, anticonformismo, vecchie maniere. Oggi, con l’ormai scontato arrivo del quasi ex tecnico del Chelsea sulla panchina della Juve, sembrano solo amare parole al vento.

Se qualcuno lo avesse ipotizzato qualche tempo fa, sarebbe stato preso a pernacchie. Soprattutto a Napoli. Eppure la ferita del tradimento di Higuain non sembrava ancora del tutto rimarginata. Ma Sarri no, Sarri era diverso. Fumatore incallito, consumatore di intere moke di caffè, indossatore orgoglioso di tute acriliche – qualche giorno fa ha dichiarato che per la Juventus sarebbe disposto a vestire anche la tanto odiata uniforme aziendalista giacca e cravatta -, il tecnico nato nel capoluogo campano ma cresciuto nella fredda provincia di Bergamo ha rappresentato, per Napoli città e quindi la Napoli calcistica, un vero e proprio simbolo.

Per Napoli ”Sarri alla Juventus” è alto tradimento?

Durante i tre anni di permanenza sulla panchina partenopea, infatti, gli sono stati dedicati, nel tempo, striscioni, murales, canzoni, che raccontavano suggestioni non solo calcistiche ma ideologiche, politiche. Dichiarazioni d’amore che abbracciavano il Mito, quel “Sarri uno di noi” che significava rappresentazione massima, totale fiducia, un sentimento che in una città come Napoli non si concede di certo al primo che capita, lasciando scrivere un nuovo capitolo nell’eterno racconto degli Ultimi che risalgono la china, sfidano la Storia e rovesciano ogni sorte: Davide contro Golia. Il Bene contro il Male. Maradona contro Platini.

I ‘compagni’ contro i ‘padroni’. Accettata la sconfitta – il sogno spezzato il 29 aprile 2018 a Firenze quando l’Italia tutta osservava, incredula, il (quasi) Miracolo – e salutata la panchina e la città con un “arrivederci”, la favola sembrava aver trovato, a modo suo, un finale degno, un “vissero felici e scontenti” che, tutto sommato, accontentava tutti.

E invece no. Sarri alla Juve, per i napoletani (e forse per tutti i tifosi che ancora si illudono di poter distinguere, nell’inquietante mondo del pallone, i Buoni dai Cattivi, i Giusti dagli Ingiusti, gli Eroi dagli Antieroi) significa Alto Tradimento, crollo di ogni possibile Credo, fine delle illusioni. Ma ne siamo davvero convinti? Il calcio più di tutto suggerisce che esisterà sempre una nuova illusione da inseguire, un nuovo sogno disperato in cui credere, un nuovo eroe a cui aggrapparsi, magari, stavolta, centellinando la fiducia concessa.

Servirà solo tempo. Tempo per leccarsi le ferite, sbraitare contro chi ha tradito, prendersela con se stessi per le ore buttate dietro alla squadra che si ama, e alla fine si ricomincerà. In fondo, “c’è sempre un’altra stagione“. Con Sarri o contro Sarri.

A proposito di Giorgio Federico Mosco

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