Vent’anni fa la griffe di Youri Djorkaeff sul derby d’Italia

Il 4 gennaio 1998 l’Inter batte la Juventus 1-0. La firma è di un francese di Lione che lascerà buone tracce in nerazzurro

Youri Djorkaeff si è dato al canto. Nel 2009 ha inciso un singolo in francese dal titolo “Vivere nella tua luce”. Ma negli anni Novanta, se andiamo a sfogliare l’album delle figurine di un calcio nostalgico che conservava ancora una aurea di bontà, in molti si sono abbeverati alla fonte della sua luce.

Poliglotta, Youri. Un po’ polacco, un po’ cosacco, un po’ armeno, con il padre e il fratello anche loro calciatori professionisti. Dribbling, visione di gioco e qualche colpo di genio, come la rovesciata contro la Roma nel 1997 divenuta immagine simbolo della tessere di abbonamento a San Siro.

Dopo tanta Francia, (Psg, Monaco, Strasburgo dopo gli esordi a Grenoble), è Moratti a portarlo in Italia. L’Inter ha progetti ambiziosi, e il petroliere sbora 7,5 miliardi e mezzo per far suo il fantasista. Youri è nato il 9 marzo 1968: esattamente sessant’anni dopo il club nerazzurro. Finale di Uefa persa con lo Schalke 04 alla prima stagione, terzo posto in campionato e poi arriva Ronaldo.

Non quello di oggi, ma il fenomeno che con qualche cerotto in meno forse si sarebbe mangiato Pelé e Maradona, ai quali comunque è ancora giustamente accostato. Simoni ha in mano una squadra di giganti: Simeone furoreggia in mezzo, Zanetti è già un leader, davanti ci pensa il brasiliano. Obbiettivo, lo scudetto.

Il 4 gennaio 1998, vent’anni fa tondi, a San Siro arriva la Juventus. Col Milan a fine ciclo e tagliato fuori dalla lotta al titolo, sono le due eterne rivali a contendersi il tricolore. Quello che a Torino portano sul petto e che a Milano, sponda nerazzurra, non arriva dal 1989.

Nel primo tempo, la Juventus, condotta dal mastino Davids e la classe di Del Piero e Zidane ha la partita in mano. L’Inter resiste, sfiora il gol con Ronaldo e nella ripresa, dopo due minuti, capisce. Ronaldo, che prima della partita ha mostrato al pubblico di San Siro il pallone d’oro, che vincerà di nuovo nel 2002 dopo il Mondiale coreano vinto col Brasile, scende sulla sinistra sgusciando alla sua proverbiale maniera tra Iuliano e Montero, e mette al centro un pallone basso che attraversa tutta l’area.

Nessuna acrobazia stavolta, ma tanta concretezza: il cosacco schiaffeggia il pallone e buca Peruzzi per l’1-0. L’Inter va spedita anche in Uefa: arriva a Parigi, nel primo anno in cui la finale si tiene in gara unica. Di fronte la Lazio: 3-0 e Ronaldo in cattedra. È il 6 maggio 1998. Pochi giorni prima, il 25 aprile, la partita di ritorno a Torino in campionato finì come tutti sanno, con lo scudetto tanto sognato che prese di nuovo la via di Torino.

Djorkaeff lascia nel 1999 dopo 30 reti in 87 partite di campionato. Va in Germania, poi in Inghilterra e chiude a New York. Poco tempo fa, tornando sul romanzo bianco-nerazzurro, disse:

“Ronaldo era meglio di tutti, anche di Zidane. Era il più forte di tutti”.

E oltre a vivere nella sua luce, come dice la sua canzone, il francese di Lione ha brillato anche di luce propria.

A proposito di Stefano Ravaglia

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