L’arte del goal: come Bergkamp ha dipinto calcio totale sull’erba inglese

Dal fallimento all’Inter alla gloria dell’Arsenal: la storia di Bergkamp, che ridipinse il calcio inglese con la sua classe cristallina.

La predilezione di tuo padre per una leggenda scozzese Denis Law ti marchia col nome di un goleador. I vicoli di Amsterdam sono la tua palestra, dove ti eserciti nell’arte del dribbling osservando le gesta dei maestri dell’Ajax. Il loro “calcio totale” scorre nelle tue vene mentre insegui un pallone per le strade della città.

Il ruggito dello stadio De Meer è la colonna sonora dei tuoi sogni. Visioni di gol, uncini e finte si materializzano in partita con la naturalezza di un pittore davanti alla tela. La tua firma è discreta, ma inconfondibile. Il tuo nome è Dennis Nicolaas Maria Bergkamp e il calcio è la tua tela su cui dipingere capolavori.

Il piccolo Dennis nasce nel 1969 in un sobborgo operaio di Amsterdam, dove il pallone rimbalza tra i palazzoni come un sogno di riscatto. Suo padre, idraulico ed appassionato di calcio inglese, gli trasmette l’amore per lo sport. Il muro del cortile è il suo primo compagno di gioco, testimone del suo innato controllo di palla e della visione di passaggi millimetrici. L’Ajax nota da subito quel bambino dai piedi vellutati, facendolo crescere tra le giovanili fino all’esordio in prima squadra. Il 14 dicembre 1986, contro il Roda e sotto lo sguardo vigile di Johan Cruyff, il timido ragazzo si trasforma in un audace guerriero con gli scarpini, inaugurando la leggenda di colui che sarà soprannominato “L’uomo di ghiaccio”.

All’Ajax, Dennis matura nel solco di una tradizione gloriosa

Al fianco di campioni come Frank Rijkaard e Marco Van Basten, vince e impara l’arte del goal. Poi osserva una nuova generazione di gioielli crescere, che presto alzerà la Coppa dalle Grandi Orecchie. Quando ormai Bergkamp è pronto al grande salto, i top club d’Europa si sfidano per accaparrarselo. Italia e Spagna lo corteggiano, attratte dal suo talento discreto. Alla fine è l’Inter ad assicurarsi il nuovo principe del calcio totale, strappandolo all’Ajax e al suo amato stadio De Meer dopo 122 reti spettacolari. Per Dennis inizia così la sfida del calcio italiano, duro banco di prova per chi ha nel gioco armonioso la sua vocazione.

I problemi di Bergkamp all’Inter

“All’Inter troverò lo stadio, i tifosi e lo stile di gioco ideale”, dichiarò Bergkamp al suo arrivo in nerazzurro. Ma la Serie A si rivelò ben diversa dalle sue aspettative. Le difese erano bunker infrangibili, gli spazi risicati, il gioco scarso e bloccato: l’antitesi del calcio totale. Dennis si ritrovò prigioniero in un campionato che ne annientava talento e fantasia. Lui, erede designato di Van Basten in nazionale, faticava a trovare assist e gol. Senza libertà di movimento e creatività, il suo genio languiva. Bergkamp appariva un pesce fuor d’acqua nel calcio italiano. Aveva bisogno di un habitat dove esprimere la classe cristallina del suo piede mancino. L’Inter non era il posto giusto.

Il talento di Bergkamp langue nella Milano nerazzurra. In campo non riesce ad emergere, frustrato da un gioco che imbriglia la sua classe. Infortuni e difficoltà di ambientamento aggravano il momento no. L’Inter arranca dietro le rivali Juventus e Milan, dominatrici in Italia e in Europa. Mentre bianconeri e rossoneri alzano Champions e scudetti, i nerazzurri devono accontentarsi di una Coppa UEFA nel 1994.

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Dennis appare un solitario emarginato, guadagnandosi il soprannome di “Iceman”. Il suo carattere introverso non aiuta. Servirebbe una scossa per ridestare il fuoriclasse assopito. Ma a Milano non c’è posto per la sua arte. L’olandese ha bisogno di spiccare il volo altrove.

Il Mondiale ’94 di Bergkamp

Il Mondiale americano è una boccata d’ossigeno per Bergkamp, soffocato dal calcio italiano. Con gli Orange ritrova il gioco arioso e offensivo che più gli si addice: la fantasia dell’olandese può sprigionarsi in tutto il suo splendore. L’Olanda arriva fino ai quarti, dove si arrende solo al futuro campione Brasile. Un tiro di Branco infrange i sogni di gloria agli ottavi. Per Dennis è comunque una liberazione tornare a disegnare calcio insieme ai tulipani d’Orange, prima di rituffarsi nella gabbia tattica della Serie A. Lì il Brasile di Romario si prenderà lo scettro mondiale, mentre il suo genio verrà nuovamente ingabbiato.

La paura di volare di Bergkamp

Il Mondiale americano non lascia a Dennis solo l’amaro in bocca dell’eliminazione. Quel viaggio oltreoceano segna l’inizio di un incubo nei cieli per l’olandese. Da sempre a disagio in volo, un episodio lo trauma profondamente. Tutto comincia con una falsa allerta bomba che ritarda la partenza, gettando nel panico i passeggeri e come se non bastasse, a metà tragitto l’aereo cade nel vuoto per alcuni secondi interminabili, a causa di una turbolenza. Per Bergkamp è uno shock. Atterra negli USA con un terrore che non lo abbandonerà più. Da lì decide: non volerà mai più. Una scelta difficile per un calciatore, costretto a lunghi viaggi, ma salire su un aereo ormai gli è insopportabile. Il Mondiale americano lascia a Dennis, oltre ai sogni infranti, anche un’angoscia che lo tormenterà a vita.

L’approdo di Bergkamp all’Arsenal

Dopo l’amara parentesi italiana, per Bergkamp si spalancano le porte dell’Arsenal. I Gunners accolgono l’olandese nonostante la sua fobia del volo, concedendogli di viaggiare in auto. Persino lo sconto sull’ingaggio Dennis lo accetta di buon grado pur di liberarsi degli aerei. All’Arsenal ritrova motivazioni in un club che vuole riscattarsi dall’etichetta di “Noioso-Boring Arsenal”.

L’arrivo di Dennis segna l’inizio di una rinascita, come lui stesso si domanda:

“Cosa avevano in mente prendendo me e David Platt in tempi così grami?”.

Il vicepresidente Dein vuole ridare splendore ad Highbury e Bergkamp rappresenta il primo tassello. La sua classe cristallina aprirà un ciclo di trionfi. Con l’olandese i Gunners spiccheranno di nuovo il volo.

La rinascita dell’Arsenal con Bergkamp

Con Bergkamp, l’Arsenal si trasforma da gruppo anonimo a squadra vincente. La scossa arriva nel ’96 con l’ingaggio del misterioso Arséne Wenger, reduce dal Giappone. Insieme creano un team stellare. Patrick Vieira, frenato al Milan, sboccia a Londra diventando leader a centrocampo. Dennis è l’anima creativa di una formazione che dominerà in Inghilterra insieme al Manchester United. La sua classe sopraffina e la visione di Wenger fanno decollare i Gunners. Da Highbury a un decennio di trionfi, per l’olandese è l’inizio di una rinascita. La sua firma decreta la fine del “Noioso Arsenal”. Ora i tifosi fremono per uno spettacolo d’alta scuola: quello del calcio totale made in Bergkamp.

Ad Highbury l’olandese ritrova il sorriso sotto la guida illuminata di Wenger. In campionati dal gioco arioso, lontano dalle gabbie tattiche italiane, Dennis torna a mostrare tutto il suo valore. Da rifinitore d’eccezione pilota l’Arsenal verso glorie mai viste. Come ricorda Ian Wright, è “il messia che ci riporta in Europa”. Nel ’98, con 22 gol, trascina i Gunners al double Premier League-FA Cup. È l’alba di un’era dorata.

Arrivano campioni come Thierry Henry, che brinderà:

“Dennis è il miglior partner offensivo che potessi desiderare”.

Insieme, i due formano una coppia perfetta. I passaggi di Bergkamp trovano puntuali i gol di Henry. Highbury esulta per magie mai viste, frutto del genio cristallino di Dennis e della classe del francese. L’olandese volante ha ridato prestigio all’Arsenal, che domina in Inghilterra e sogna la Champions.

Sono gli anni d’oro targati Bergkamp. L’Arsenal domina in patria grazie a un gruppo di campioni che incanta. Le sfide col Manchester United infiammano la Premier, con Vieira e Roy Keane ad animare il duello. Highbury ribolle di magia a ogni match casalingo. Nel 2004, sotto la guida dell’olandese, i Gunners toccheranno il vertice: l’impresa degli “Invincibili”, imbattuti in campionato. 38 partite, 26 vittorie e 12 pari per una cavalcata trionfale. Nessuno piega i Gunners, nemmeno lo United nella “Battaglia dell’Old Trafford”. È l’ultimo titolo Premier, sigillo di un decennio d’oro. Merito della classe cristallina di Bergkamp, capace di trasformare talento individuale in successi di squadra. L’olandese innalza l’Arsenal dove neppure i tifosi più ottimisti osavano sperare.

Bergkamp, il Principe d’Orange che ha ridato colore all’Arsenal

Dopo l’ultimo sigillo in FA Cup nel 2005 e la beffa in Champions per mano del Barcellona, cala il sipario sulla favola Bergkamp. L’olandese appenderà gli scarpini al chiodo nel 2006, chiudendo 11 anni da leggenda all’Arsenal. La squadra che gli ha ridato le ali dopo le delusioni italiane. Quando i Gunners cercavano un leader, hanno trovato in Dennis l’uomo della rinascita e lui ha riscoperto il calcio libero della sua gioventù. Come in un cerchio che si chiude, dopo i primi palleggi al muro di casa e gli esordi nell’Ajax.

Bergkamp saluta da idolo assoluto, consegnando all’Arsenal l’eredità di uno dei periodi più gloriosi. Un matrimonio perfetto, nel nome del calcio totale. Proprio come piaceva a suo padre e al suo idolo d’infanzia, Denis Law.

A proposito di Cristian La Rosa

Cristian La Rosa. Classe ’76, ama il calcio e lo sport in generale. Segue con passione il calcio internazionale e ha collaborato con alcuni web magazine. È il fondatore, ideatore ed editore.