Da Akanji a Frattesi, passando per Kondogbia, Suazo e Ibrahimovic: quando Inter e Milan si affrontano sul tavolo delle trattative, ogni firma vale come un gol al 90’. Storia di bluff, controsorpassi, tradimenti e trionfi che hanno infiammato estati, spezzato amicizie e cambiato il destino di intere stagioni.
A volte il derby di Milano non si gioca a San Siro. Si gioca in un ristorante sul lungolago di Como. In un ufficio a Montecarlo. Tra le stanze d’albergo di un calciatore in vacanza a Ibiza. Si gioca nel silenzio ovattato delle telefonate di mercato, dove ogni secondo è una mossa e ogni firma può trasformarsi in un tradimento.
È il derby dei fax, dei blitz all’ultimo minuto, degli accordi saltati sotto il naso e dei “sì” diventati “no” nel tempo di una chiamata. L’ultimo, solo in ordine cronologico, è stato quello per Manuel Akanji. Ma prima ci sono stati Frattesi, Thuram, Tonali, Kondogbia, Suazo, Bonaventura, Ibrahimovic… nomi diventati simboli di sfide invisibili ma feroci, calcio senza pallone, derby senza pubblico, eppure pieni di cuore e tensione.
Akanji, il blitz dell’ultimo respiro
Sembrava un obiettivo chiaro per il Milan. Profilo perfetto, costo sostenibile, esperienze internazionali. Manuel Akanji era il difensore su cui i rossoneri stavano lavorando da settimane. Poi, a meno di ventiquattro ore dal gong del mercato, Giuseppe Marotta e Piero Ausilio sono entrati in scena. Operazione lampo, prestito oneroso da 2 milioni, diritto di riscatto a 15 che diventa obbligo in caso di scudetto.
Decisiva la Champions. La certezza di giocarla ha fatto pendere la bilancia verso Appiano Gentile. Il Milan, senza coppe, è rimasto spiazzato. L’Inter ha calato il colpo. E la città ha ricordato, ancora una volta, che nessun affare è mai chiuso fino alla firma.

Frattesi e Thuram: l’estate dei sorpassi
Un doppio colpo, uno più pesante dell’altro. Su Davide Frattesi, il Milan c’era eccome. Il Sassuolo attendeva rilanci. Ma l’Inter ha bruciato tutti con un’offerta strutturata: prestito da 6 milioni, obbligo di riscatto a 27, bonus e il cartellino di Mulattieri. Operazione chiusa mentre i rossoneri ancora speravano.
Stessa sorte con Marcus Thuram: era stato già convinto dai dirigenti di Casa Milan, mancava solo l’intesa finale. Poi, l’Inter ha fatto valere il suo peso internazionale, la sua centralità nel progetto. Il figlio d’arte ha cambiato idea, firmando da svincolato con i nerazzurri. Un doppio smacco in meno di un mese. Un’estate caldissima, senza palla.

Tonali e Sensi: due giri a vuoto, ma con esito opposto
Nel 2020, era l’Inter a essere avanti per Sandro Tonali. L’accordo con Massimo Cellino sembrava cosa fatta. Ma i nerazzurri rallentano, e il Milan affonda: 5 milioni per il prestito, 14,5 per il riscatto. Il cuore del giocatore fa il resto: Tonali, milanista da sempre, si veste di rossonero.
Nel 2019 fu il contrario con Stefano Sensi. I rossoneri avevano mosso i primi passi con largo anticipo, ma l’arrivo di Conte a Milano cambiò tutto. L’Inter anticipò tutti, lo prese dal Sassuolo e lo lanciò subito titolare. Il Milan di Marco Giampaolo rimase a guardare.
Kondogbia, Bonaventura e il caso Suazo: trattative da cinema
Il 2015 fu l’anno del colpo di teatro. Il Milan sembrava aver chiuso per Geoffrey Kondogbia, con tanto di cena col Monaco. Ma in 48 ore tutto cambiò. Ausilio e Fassone si presentarono a Montecarlo, convinsero il club e l’agente. Il giocatore scelse l’Inter. Il Milan, beffato, dovette virare su Bertolacci.
Ma chi dimentica il caso Giacomo Bonaventura del 2014? I rossoneri avevano chiuso per Biabiany, ma i problemi cardiaci del francese e il rifiuto di Zaccardo al Parma fanno saltare tutto. Il tempo stringe, Galliani chiama Jack, che era già in macchina verso Appiano. In due ore, diventa un giocatore del Milan. E poi… uno dei suoi simboli.
Più clamoroso ancora fu il caso David Suazo (2007): l’attaccante del Cagliari era promesso all’Inter, ma il Milan si accorda con Cellino, lo annuncia, e in poche ore ritira tutto per rispettare la volontà del giocatore. Che andrà all’Inter. In campo farà poco. Ma quel derby d’agosto scatenò una guerra diplomatica.
Ibrahimovic: l’unico derby che ha avuto due finali
Estate 2006. Juve retrocessa. Zlatan Ibrahimovic è sul mercato. Il Milan ci pensa, ma ha i preliminari di Champions da superare e una forte penalizzazione in campionato. Troppo rischioso investire senza garanzie. L’Inter no: 24,8 milioni, tutto cash. Affare fatto. Ibra sceglie i nerazzurri.
Ma il destino non dimentica. Nel 2010 lo svedese passa proprio al Milan. Da protagonista all’Inter a nemico giurato. Da idolo della Nord a gladiatore sotto la Sud. L’unico giocatore che ha giocato e vinto entrambi i derby, in campo e nel mercato.
Fabio Cannavaro: il Milan era pronto, ma l’Inter colpì per prima
Nel 2002, Fabio Cannavaro era il difensore italiano più forte in circolazione, e il Milan aveva già fatto più di un passo concreto per portarlo a San Siro. Silvio Berlusconi lo voleva, Adriano Galliani lo stimava da anni, e la trattativa con il Parma era ben avviata.
Poi si inserì Massimo Moratti, e con una mossa rapida e spiazzante chiuse il colpo per l’Inter. Il prezzo fu alto: circa 23 milioni di euro, in un periodo in cui investimenti simili erano pesanti anche per i grandi club. Il Milan, preso in contropiede, virò su un colpo vincente come quello di Alessandro Nesta.
Alla fine, Cannavaro all’Inter non lasciò il segno sperato — complice una lunga serie di infortuni e uno spogliatoio instabile — ma quel “colpo sottratto” fu un affronto sportivo che i rossoneri non dimenticarono. Tre anni dopo, Cannavaro sarebbe andato alla Juve… e poi alzato la Coppa del Mondo con la fascia da capitano. Un rimpianto condiviso da entrambi i club milanesi.

Roberto Baggio: quando il Milan beffò l’Inter e strappò il Codino alla Juventus
Estate 1995. Roberto Baggio è reduce da una stagione positiva con Lippi alla Juventus. Il Pallone d’Oro 1993 è sul mercato: ha 28 anni, ma il suo talento è intatto. L’Inter lo vuole, eccome. Massimo Moratti, da poco presidente, sogna il colpo per infiammare San Siro. C’è già un’intesa con l’entourage, e anche la Juve di Gianni Agnelli sembra incline a cederlo ai nerazzurri.
Ma nel calcio, come nella vita, i sentimenti contano. E il Milan, silenzioso fino a quel momento, entra in scena con Galliani e Berlusconi che lo corteggiano come si fa con un artista. Gli offrono un progetto tecnico ambizioso, una squadra piena di campioni. E soprattutto: lo vogliono subito.
Il 6 luglio 1995, Roberto Baggio firma col Milan. Una mossa che spiazza l’Inter e scatena l’entusiasmo rossonero. Il Codino incanta subito, contribuendo allo scudetto vinto da Capello nel ’96. La maglia numero 18 diventa simbolo di poesia e rivincita.
L’Inter rimane a mani vuote, e per molti anni cercherà un “10” all’altezza. Quel derby di mercato fu elegante, silenzioso e devastante. Il Milan fece sua una stella. L’Inter, ancora una volta, dovette guardare la luce da lontano.
Kaká: quando l’Inter disse “no” a un Pallone d’Oro
Certe occasioni passano una volta sola. E l’Inter, nel 2003, la lasciò andare. I dirigenti nerazzurri ricevettero una segnalazione da San Paolo: Ricardo Izecson dos Santos Leite, classe 1982, trequartista elegante, visione da predestinato. Ma era troppo magro, dicevano. Fragile e non rientrava negli schemi di Hector Cuper. “Non è pronto per il calcio italiano.”
Galliani, invece, disse subito sì. Il Milan investì 8,5 milioni senza battere ciglio. Kaká arrivò in punta di piedi, ma diventò un uragano con il sorriso timido. In rossonero vinse tutto: scudetto, Champions, Supercoppa Europea, Coppa del Mondo per club. E, nel 2007, un Pallone d’Oro. L’Inter, che cercava ancora l’erede di Ronaldo, poté solo osservare. Da lontano.
Non tutti sanno che Gianluigi Donnarumma fu a un passo dall’Inter. I nerazzurri lo seguirono per mesi quando era solo un bambino prodigio a Castellammare. Ma il Milan fu più rapido, più concreto. Gli offrì un progetto, un’accoglienza familiare, e soprattutto la possibilità di debuttare presto nel grande calcio.
A 16 anni, Gigio esordì in Serie A. A 18 era titolare in Nazionale. E nel 2021, con la maglia dell’Italia, vinse l’Europeo da protagonista. L’Inter si trovò davanti un muro creato in casa d’altri. La porta era chiusa. Ma il rimpianto, quello restò aperto.
Ronaldinho e Nesta, le sfide vinte dal Milan
Prendiamo ad esempio Ronaldinho: nel 2008 sembrava destinato all’Inter, ma fu il Milan – con Leonardo in regia – a chiudere l’affare, lasciando Moratti con un pugno di mosche. Sorte simile per Alessandro Nesta nel 2002: l’Inter lo corteggiava da settimane, ma Galliani lo prese sul gong beffando i rivali. E che dire di Alessandro Bastoni? Entrambe le milanesi lo seguivano, ma solo l’Inter ebbe il coraggio di investire 31 milioni sull’allora 18enne dell’Atalanta, oggi colonna della Nazionale.
Il Milan, invece, vinse la corsa a Ricardo Rodriguez nel 2017, quando l’Inter provò a bloccarlo per giugno ma venne anticipata. E ancora: Thiago Motta fu offerto a entrambi dal Genoa, ma il Milan nicchiò e l’Inter, più decisa, lo portò a casa insieme a Milito.
Bonucci 2017: il colpo a effetto che beffò l’Inter
L’Inter lo corteggiava in silenzio. Luciano Spalletti lo voleva come perno del nuovo ciclo. Bonucci era in rotta con la Juve, e il Milan sembrava defilato. Poi accadde l’inatteso: Fassone e Mirabelli chiusero l’affare in 48 ore, portandolo in rossonero per 42 milioni.
Fu il colpo dell’estate, l’annuncio che doveva riscrivere le gerarchie. Bonucci si prese anche la fascia da capitano. Ma il campo raccontò altro: una sola stagione, poche certezze, e un ritorno silenzioso alla Juve. L’Inter? Non prese Bonucci, ma ne uscì vincitrice l’anno successivo con la difesa di ferro targata Skriniar-De Vrij.
Gennaio 2013. Il Milan aveva messo gli occhi su Mateo Kovacic, il “nuovo Modric” della Dinamo Zagabria. Gli osservatori rossoneri erano stati tra i primi a segnalarlo, ma la trattativa si trascinava. L’Inter, invece, agì. Branca e Ausilio volarono a Zagabria, versarono 11 milioni, e tornarono con il giocatore in valigia.
Mateo non esplose subito, ma divenne una promessa internazionale. Oggi gioca nel Manchester City di Guardiola. Il Milan, che quella sessione prese Zaccardo e salutò Pato, rimase con l’amaro in bocca. E l’Inter aggiunse una piccola vittoria a un derby che, anche senza campo, continua a infiammare.
C’è anche un passato più lontano…
A Milano si può cambiare tutto, tranne la fede calcistica. O almeno, così si dice. Eppure, la storia è piena di uomini che hanno attraversato la città senza cambiare strada, ma solo colori. Calciatori che hanno vestito prima una maglia, poi l’altra, affrontando i fischi, gli striscioni e quel gelo che solo San Siro sa riservare a chi ha “tradito”.
Giuseppe Meazza, per esempio, il più iconico di tutti, è stato il re dell’Inter con 12 gol nei derby, ma segnò anche con la maglia del Milan, che lo accolse negli anni ’40. Oggi, lo stadio porta il suo nome. Come dire: a Milano puoi cambiare sponda, ma se lasci il segno, te lo perdonano. Forse.
Andrea Pirlo è un altro che ha riscritto la storia rossonera partendo dal ventre nerazzurro. Ignorato e sottovalutato dall’Inter, divenne leggenda al Milan. Una parabola simile a quella di Clarence Seedorf, che cambiò lato del Naviglio in uno scambio che fece epoca con Francesco Coco. Alla fine, fu il Milan a ridere: due Champions, due scudetti, e un decennio da leader.
Ronaldo il Fenomeno, invece, infiammò l’Inter tra il ’97 e il 2002, salvo poi vestire il rossonero nella fase calante. Per alcuni, una ferita mai rimarginata. E che dire di Mario Balotelli, esploso nell’Inter di Mourinho e tornato a San Siro sponda Milan come figlio prodigo del caos? O di Christian Vieri, che lasciò l’Inter da non-convocato per approdare dritto al Milan?
Hakan Calhanoglu, invece, non passò per vie secondarie: lasciò il Milan da svincolato per firmare con l’Inter nel 2021. Fu un terremoto emotivo. La risposta? Lo scudetto rossonero dell’anno dopo. Poi la semifinale di Champions 2023 vinta dall’Inter, con Hakan protagonista, a chiudere (forse) la faida con un “pace fatta” ai microfoni. Ma in fondo, certe ferite fanno parte del gioco.
Tra i passaggi meno rumorosi ma comunque significativi ci sono quelli di Crespo, Davids, Brocchi, Lorenzo Buffon, Collovati, Pazzini, Cassano, Serena, Ganz, Taribo West, Vieira, Panucci, Acerbi, Darmian… e la lista potrebbe continuare.
Derby di mercato: a volte le ferite restano
A volte non servono dribbling, gol o parate per far male. Basta un colpo di telefono all’ora giusta, un rilancio improvviso, un blitz che cambia tutto. Il derby tra Inter e Milan vive anche d’estate, senza arbitri né stadi, ma con lo stesso carico di orgoglio, rivalsa e veleno.
E quando uno dei due club vince sul mercato, l’altro non dimentica. Perché a Milano ogni firma pesa, ogni tradimento brucia, ogni beffa si incide nella memoria. Il pallone può anche fermarsi, ma il derby… non dorme mai.
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