Nel cuore di un progetto futuristico da 8mila miliardi di euro, tra sabbia, grattacieli fantasma e tifosi pagati per esultare, il Neom Sports Club è il simbolo perfetto della nuova Arabia Saudita, dove il pallone serve a dare realtà a ciò che ancora non esiste.
C’è una squadra che gioca in un luogo che non c’è. Una squadra con una città senza abitanti, con uno stadio che si costruirà forse tra molti anni, e con tifosi reclutati a pagamento per riempire gli spalti. È il Neom Sports Club, la creatura più surreale del calcio mondiale.
Eppure, il Neom SC esiste. Gioca davvero, segna, perde, si classifica in una lega che ospita campioni come Cristiano Ronaldo, Brozović o Retegui. È la squadra della “città che non esiste”, The Line, l’ambizioso progetto saudita che vorrebbe riscrivere l’urbanistica e la geopolitica del deserto.
Tutto nasce nel 2017, quando il principe ereditario Mohammed bin Salman presenta al mondo il suo piano Saudi Vision 2030: emancipare l’Arabia Saudita dal petrolio e costruire un futuro di vetro e acciaio, un corridoio di 170 chilometri popolato da 9 milioni di persone. Lì, sospeso tra le dune e il Mar Rosso, dovrebbe sorgere Neom, la città del futuro. Solo che, oggi, Neom è un cantiere. E dentro quel cantiere, una squadra di calcio serve a dimostrare che il sogno è già realtà.
🔊 Built with the most advanced engineering and design imaginable, THE LINE is a landmark city stretching 170 km. A revolution in urban living.
A city that delivers new wonders for the world.#TheLINE #NEOM pic.twitter.com/urmRtJ5XNE
— NEOM (@NEOM) July 25, 2022
Fondata nel 1965 come Al-Suqoor (“i falchi”), la squadra per decenni ha galleggiato tra le serie minori saudite. Poi, nel 2023, la metamorfosi: viene acquistata dalla compagnia statale Neom Company, ribattezzata, rifondata, e trasformata in simbolo del nuovo corso. Dal nero e oro dei tempi antichi al blu acceso del nuovo logo: un marchio di identità, potere e propaganda. Il calcio, ancora una volta, come vetrina del potere.
Negli anni Settanta e Ottanta il club rappresentava la piccola comunità di Tabuk, mantenendo un’identità fortemente locale. Dopo decenni di militanza nelle serie minori, nel 2011 arrivò la prima promozione in Prima Divisione, seguita però da una retrocessione immediata. Da allora la squadra ha alternato stagioni difficili a piccole resurrezioni, fino al ritorno di fiamma del 2021, quando vinse la Terza Divisione battendo l’Al-Qous in finale. È stato il preludio alla scalata verso il professionismo, culminata nella promozione in Pro League del 2025 sotto la guida del brasiliano Péricles Chamusca.
Sulla panchina siede Christophe Galtier, ex tecnico del PSG. In campo, nomi che farebbero tremare metà Ligue 1: Lacazette, Benrahma, Doucouré, Hegazy. In estate, 115 milioni di euro di spesa — per una squadra che gioca le partite casalinghe in uno stadio da 12mila posti a Tabuk, 170 chilometri più a nord della città che dovrebbe rappresentare. La media spettatori? Circa 2.500. Ma i numeri, qui, non contano: conta l’immagine, il messaggio, la suggestione.
Galtier ha impostato la squadra su un 4-3-3 dinamico, capace di alternare pressing alto e ripartenze veloci. Il cuore del gioco passa dai piedi di Salman Al-Faraj e Doucouré, mentre Lacazette e Benrahma formano una coppia d’attacco d’esperienza e qualità. A sorpresa, il portiere polacco Marcin Bułka si è imposto come uno dei migliori della Saudi Pro League, con il 78% di parate su tiri nello specchio.
Quando il Neom Stadium sarà completato — forse nel 2032 — ospiterà 46mila persone sospese a 350 metri d’altezza sul deserto. Un impianto da un miliardo di dollari, progettato per il Mondiale del 2034, che rischia di essere un monumento al paradosso: una cattedrale nel nulla.
Già, perché dietro la promessa di “città intelligenti e sostenibili” c’è anche la tragedia del popolo Howeytat, espulso dalle proprie terre per far spazio al progetto. Eppure, dietro ogni vittoria, ogni post su Instagram con l’hashtag #Neom, c’è la consapevolezza che quella squadra serve a qualcosa di più grande: convincere il mondo che il futuro è già cominciato.
Dicono che nel 2034, durante il Mondiale ospitato proprio dall’Arabia Saudita, il Neom Stadium brillerà come un gioiello sopra il deserto. Ma se il futuro di Neom dovesse davvero durare “cento anni”, come ha ammesso il suo stesso vicepresidente al Forum di Davos, allora il Neom SC sarà il primo club della storia a giocare in una città che non esiste ancora.
In pochi anni, il Neom SC ha compiuto un’ascesa vertiginosa: campione della Terza Divisione nel 2024, poi della Seconda nel 2025, due titoli consecutivi che lo hanno catapultato tra le grandi. Oggi il club è quarto in classifica, con un budget stimato di oltre 200 milioni di euro e l’obiettivo dichiarato di raggiungere la AFC Champions League entro tre anni.
Forse è questo il calcio del XXI secolo: un teatro dove la realtà è un dettaglio, e l’immaginazione è un affare da miliardi.
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