Dal 2026 Imola esce dal calendario F1: la FIA guarda a USA e Asia. Ecco i motivi, le reazioni e il ruolo crescente dello sportswashing nello sport.
Dal 2026, il Gran Premio dell’Emilia-Romagna non sarà più presente nel calendario del Mondiale di Formula 1. La notizia era nell’aria da mesi, ma la conferma ufficiale è arrivata ora, chiudendo un capitolo storico e profondamente radicato nella tradizione dell’automobilismo italiano. Imola saluta, almeno per ora, il Circus.
La scelta è figlia di una tendenza ormai chiara: la Formula 1 sta migrando verso i mercati più ricchi, in particolare gli Stati Uniti, l’Asia e, sempre più spesso, paesi autoritari interessati a usare lo sport come leva d’immagine internazionale. Il risultato? L’Europa perde terreno, e con essa uno dei suoi circuiti più iconici.
L’Autodromo “Enzo e Dino Ferrari” ha ospitato gare del Mondiale dal 1980 al 2006 (prima con il GP d’Italia nel 1980, poi come GP di San Marino), e dal 2020 era tornato protagonista con il nuovo GP dell’Emilia-Romagna. In pista ci sono passati miti assoluti: da Alain Prost a Michael Schumacher, da Nelson Piquet a Ayrton Senna, che proprio a Imola trovò la morte nel tragico weekend del 1994.
Dopo l’assenza post-2006, il ritorno nel 2020 – in piena pandemia – era sembrato una boccata d’aria fresca per gli appassionati. Il rinnovo fino al 2025 aveva ridato entusiasmo, ma la difficoltà a rinegoziare un nuovo contratto era evidente. Come confermato dal sindaco Marco Panieri e dal presidente della Regione Michele de Pascale, “era una notizia di cui eravamo consapevoli”.
L’ARGENTO VIVO DELLA F1 PARLA ARABO, CINESE… E DOLLARI
La logica che guida oggi la Formula 1 è profondamente economica. Gli organizzatori dei GP pagano cifre comprese tra i 20 e i 50 milioni di euro per ottenere un posto nel calendario, con le nazioni più ricche – e spesso a regime autoritario – che offrono condizioni irrinunciabili. Paesi come l’Arabia Saudita, il Qatar, gli Emirati Arabi Uniti e la Cina stanno investendo in modo massiccio sulla F1, anche nel contesto di politiche di soft power, spesso definite sportswashing.
A spingere questa nuova geografia c’è anche il successo commerciale e mediatico in mercati emergenti. Come ha sottolineato Stefano Domenicali, CEO della Formula 1, la priorità è ora “rafforzare la presenza in Asia e negli Stati Uniti”, trainata dalla popolarità della docuserie Drive to Survive e dall’interesse crescente del pubblico giovane.
MONZA RESISTE (PER ORA), MA L’ITALIA PERDE UN PEZZO D’ANIMA
Nel frattempo Monza rimarrà in calendario almeno fino al 2031, ma il rischio che anche il Tempio della Velocità possa subire lo stesso destino nel prossimo futuro non è da escludere. Il caso Imola rappresenta un campanello d’allarme per tutto il motorsport europeo, stretto tra costi in aumento e concorrenza internazionale spietata.
L’esclusione di Imola non è solo una sconfitta per una città o una regione, ma anche per un’intera cultura sportiva che ha contribuito a scrivere la leggenda della Formula 1. Imola non è solo un circuito: è memoria, emozione, identità. Vederla fuori dal calendario è, per tanti tifosi, come spegnere una luce nella storia.
TRA RIMPIANTI E POSSIBILI RITORNI
Non è escluso che, in un futuro non troppo lontano, Imola possa rientrare come tappa sostitutiva o “jolly” in caso di cancellazioni, come accadde nel 2020. Ma per ora, bisogna dire addio. Lo ha detto chiaramente anche Mohammed Ben Sulayem, presidente della FIA: “Le scelte fatte sono giuste per lo sviluppo globale del nostro sport”.
In un mondo che corre sempre più veloce, a volte si perde per strada proprio ciò che ha fatto grande una disciplina. E Imola, con il suo tracciato “old school”, le sue curve leggendarie e la memoria di Senna, era – ed è – parte del cuore della Formula 1.