In questa storia di ordinario non c’è proprio nulla.
Parte tutto da un sogno, quello di Don Nichols, ex agente della CIA, di creare un team USA in grado di sfidare le grandi marche presenti in Formula 1.
Lo chiama ‘Shadow’ – in italiano ‘ombra’ – e nel 1971 lo fa esordire nella CanAm.
Dopo due anni arriva il momento di approdare nel Circus: il 3 marzo 1973 debutta nel GP del Sudafrica la DN1, affidata a Jackie Oliver e George Follmer, con l’americano subito a punti, 6°.
Seguiranno due podi in stagione, uno a testa.
Viste le premesse, le ambizioni per il ‘74 sono enormi.
Oliver domina la CanAm mentre la coppia Jarier – Revson è quella prescelta per il mondiale di F1. Il talentuoso erede del gruppo Revlon, reduce dal 5° posto assoluto finale condito dalle prime due vittorie, ripone grandi aspettative nella DN3.
In Argentina si qualifica quarto e in Brasile sesto: il problema è l’affidabilità e così, in vista del terzo appuntamento in programma a Kyalami, la squadra decide di effettuare dei test sul tracciato sudafricano.
Finisce in tragedia il 22 marzo 1974.
Un guasto alla sospensione anteriore, lo schianto all’esterno della curva ‘Barbecue’ – sembra una beffa atroce – e le fiamme: quando Peter Revson viene estratto non c’è più nulla da fare.
La ‘sua’ Shadow #16 passa nelle mani di Brian Redman, poi in quelle dello svedese Bertil Roos che disputa unicamente la gara di casa e, infine, viene assegnata ad un giovanissimo gallese semidebuttante: Tom Pryce.
La stagione ‘di apprendistato’ gli frutta un punticino, ma già nel ’75 macchina e pilota dimostrano la loro reale consistenza: con la DN5 Tom vince la ‘corsa dei Campioni’ (non valida per il mondiale), firma la pole a Silverstone e sale sul podio (3°) in Austria.
Passano altri due anni, GP del Sudafrica 1977.

Dopo aver realizzato il miglior tempo nelle prove disputate al mercoledì su pista bagnata, nelle qualifiche sull’asciutto Pryce precipita al 15° posto.
La gara, in programma sabato 5 marzo, parte subito male: in pochi istanti si ritrova ultimo.
Mentre sta rimontando, avviene un episodio apparentemente innocuo.
Alla fine del 21º giro infatti il suo compagno di scuderia Renzo Zorzi è costretto a ritirarsi difronte ai box per un problema al serbatoio della benzina che causa un principio d’incendio e due commissari accorrono con gli estintori in mano, attraversando la pista.
Il rettilineo di Kyalami però ha un dosso che limita fortemente la visibilità e Pryce si ritrova in piena traiettoria il diciannovenne Frederik Jansen van Vuuren: l’impatto devastante uccide entrambi e nel caos generale non si riesce a capire la dinamica fino al ritrovamento dell’estintore in un parcheggio retrostante.
La Shadow a quel punto ingaggia Alan Jones che ‘eredita’ la vettura di Tom Pryce ma inverte la numerazione dei piloti, per cui l’infausto numero 16 tocca a Zorzi.
La maledizione ‘si interrompe’ e alla vigilia di Ferragosto, in Austria, il pilota australiano regalerà la prima vittoria alla scuderia americana.
L’unica.