La lezione di Fausto Gresini

Ha tagliato l’ultimo traguardo, nella sua Imola. Fausto Gresini se n’è andato veramente.

Due mesi è durata la sua battaglia impari contro un virus subdolo e invisibile che lui con la sua irriducibile tenacia per lunghi tratti ci aveva illuso di poter sconfiggere. Il dolore straziante della moglie Nadia e dei quattro figli – Lorenzo, Luca, Agnese, Alice – abbraccia idealmente quello di tutte le persone che hanno avuto la fortuna di conoscerlo.

Al tempo stesso rimane invariata la difficoltà a riordinare le idee perché l’aspetto emotivo impatta duramente con l’allucinante gestione mediatica di questa tragedia.

Il lancio della notizia nella serata di lunedì 22 è stato un episodio agghiacciante perché significa che qualcuno ha deliberatamente preso l’iniziativa di uscire per un pugno di click, per avere visibilità mondiale senza aver effettuato opportune verifiche. Senza oltretutto che il team avesse rilasciato dichiarazioni ufficiali, arrivate ad effetto domino ormai innescato.

Uno squallore degno dell’episodio di cui fu vittima Mihajlovic due estati fa quando il suo stato di salute venne fatto trapelare prima che lo stesso Sinisa avesse aperto la bocca. Gli albi professionali dovrebbero servire a qualcosa ed invece molto spesso diventano ‘alibi’.

Per quanto possa sembrare retorico e inutile ribadire che abbiamo perso un grande pilota e un grande uomo, la realtà è proprio questa.

Fausto Gresini è stato due volte campione del mondo in 125, nel 1985 e 1987, prima di trasformarsi in un abile talent scout e impareggiabile manager.

Nel mezzo, un episodio divenuto leggenda.

Stagione 1990, il suo giovanissimo compagno di squadra – all’epoca ancora minorenne – Loris Capirossi è in lotta per il titolo: nell’ultimo e decisivo appuntamento in Australia, Fausto, Romboni e Casanova si coalizzano per rallentare Hans Spaan.

Capirex è iridato, Fausto si becca un pugno sul casco dall’infuriato centauro olandese.

Il ritiro è arrivato a fine stagione 1994:

‘A un certo punto della mia carriera dovetti scegliere se diventare un vecchio pilota o un giovane manager’.

Credit: MotoRefrain e Maurizio Callegari

Ed essendo per sua stessa ammissione uno che non guarda mai indietro, aveva già scelto: in meno di due anni mette in piedi una squadra con il suo nome, presente nel Motomondiale dal 1997.

Soddisfazioni tante, quattro allori iridati in bacheca, ma un sadico accanimento della morte aleggia sulla sua creatura: prima Kato nel 2003, poi il Sic nel 2011, entrambi durante una gara di MotoGP.

Quando nell’ aprile scorso aveva donato a San Pier Damiano Hospital di Faenza – la città in cui ha sede il team – un ventilatore polmonare, Fausto si era quasi schernito, sempre con la sua consueta umiltà:

‘Troppo spesso diamo per scontate cose che non lo sono e non troviamo il tempo per apprezzarle’.

La beffa nella beffa gliel’ha riservata proprio quel nemico che non guarda in faccia a nessuno, il Covid. In compenso, sono vivi più che mai i media sciacalli e i negazionisti senza vergogna.

Grazie di tutto Fausto.

A proposito di Francesco Tassi

'Uno che nasce in Emilia Romagna e impara a leggere su Autosprint ha il destino segnato. Giornalista de mutòr e ufficio stampa.'

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