Alla prima panchina in Serie A con l’Inter, Cristian Chivu scrive subito una pagina memorabile: un 5-0 che entra nella storia nerazzurra, battendo i debutti di allenatori come Conte, Inzaghi e perfino Herrera.
Cristian Chivu non poteva immaginare un debutto migliore. Alla sua prima giornata da allenatore dell’Inter in Serie A, il tecnico rumeno ha guidato i nerazzurri a una netta vittoria per 5-0 sul Torino, facendo subito la storia del club. Nessun allenatore, dal 1908 a oggi, aveva mai cominciato la propria avventura in campionato con una vittoria così larga al debutto. Il suo nome si aggiunge a quelli più illustri del panorama interista, e lo fa lasciando immediatamente un segno indelebile.
Un risultato che pesa, e non solo per la classifica. Il successo del Meazza segna infatti il miglior esordio di sempre nell’era dei 3 punti (cioè dal 1994 in poi), superando persino gli esordi convincenti di Antonio Conte (4-0 al Lecce nel 2019) e Simone Inzaghi (4-0 al Genoa nel 2021), che pure avevano entusiasmato il popolo nerazzurro. Chivu, invece, è andato oltre, con una prestazione brillante e una squadra capace di dominare in ogni zona del campo.
E non si può non tornare con la memoria a quegli esordi che hanno segnato epoche diverse della storia nerazzurra. Perché l’impresa di Chivu – brillante, netta e sorprendente – si inserisce in un solco già tracciato da giganti della panchina interista.
Scavando nel passato glorioso dell’Inter, solo un allenatore è riuscito a fare meglio di Chivu in termini di scarto tra gol fatti e subiti al debutto: Arpad Weisz, artefice del leggendario 9-0 contro il Casale nel 1933 e di un 6-2 alla Pro Patria l’anno prima. Weisz, tecnico ungherese dalla mente rivoluzionaria, fu uno dei pionieri del calcio moderno in Italia. Alla guida dell’Inter – allora Ambrosiana – portò innovazione tattica, metodo scientifico negli allenamenti e una visione internazionale in anticipo sui tempi. Il suo esordio fu un capolavoro, ma la sua vita si concluse tragicamente nei campi di sterminio nazisti, rendendo la sua storia non solo sportiva ma profondamente umana.
Facendo un passo indietro nel tempo, negli anni d’oro del calcio italiano, c’era Eugenio Bersellini. Il “sergente di ferro” che portò a casa il titolo nel 1980 diede il via alla stagione successiva con un rotondo 4-0 contro l’Udinese. Il suo gruppo era forgiato sulla fatica, sul sacrificio e su una coesione rara. Non era solo calcio, era lavoro quotidiano che dava frutti immediati.
Nel 2001 fu Héctor Cúper, l’allenatore argentino dallo sguardo severo e la difesa granitica, a prendersi la scena con un esordio da 4-1 contro il Perugia. Lì nacque la speranza di uno Scudetto che sfuggì solo all’ultima giornata con la Lazio nel famoso 5 maggio, ma il suo impatto fu comunque da protagonista. La sua Inter, verticale e compatta, mostrava già dai primi minuti un’identità precisa.
Ma per trovare il primo esordio “dirompente” serve andare ancora più indietro, alla fine degli anni Trenta. Tony Cargnelli, un pioniere della panchina, rifilò un sonoro 4-0 alla Juventus in un’epoca in cui ogni gol era un segnale forte, ogni vittoria una dichiarazione di forza. Quell’Inter seppe imporsi con grinta, sotto la guida di un tecnico d’altri tempi, capace di leggere la partita con occhio clinico e pragmatismo.
Anche figure storiche come Aldo Olivieri, Aldo Campatelli e David John Astley avevano inaugurato le rispettive stagioni con successi importanti alla guida dell’Inter, ma nessuno di loro riuscì a segnare una partenza così netta come quella firmata da Chivu.
Olivieri, portiere del primo scudetto granata e poi allenatore nerazzurro nei primi anni ’50, vinse 5-1 contro la Triestina nel 1951. Campatelli, ex centrocampista e poi tecnico dell’Inter nel 1959, esordì con un pirotecnico 6-3 contro il Padova. Astley, invece, allenatore inglese degli anni ’40, cominciò la sua avventura interista con una vittoria per 4-2 sulla Sampdoria nel 1948.
E poi, inevitabilmente, Helenio Herrera. Il “Mago”. L’uomo che trasformò l’Inter in leggenda. I suoi esordi in Serie A erano spettacolo puro: il 5-1 inflitto all’Atalanta nel 1960, il 6-0 ancora ai bergamaschi l’anno successivo, il 5-2 al Varese e il 4-0 a Foggia nel cuore degli anni Sessanta. Con lui, l’Inter entrava in campo per dominare, non solo per vincere. Le sue squadre volavano sulle ali della condizione atletica e del rigore mentale, anticipando concetti moderni come preparazione personalizzata, gruppo unito, comunicazione mirata.
Nemmeno Roberto Mancini, fautore della rinascita interista negli anni 2000 con tre Scudetti consecutivi, né José Mourinho, l’uomo del Triplete del 2010, erano riusciti a esordire in Serie A alla guida dell’Inter con una vittoria dal margine così ampio.
Mancini, al suo primo debutto nerazzurro in campionato nel 2004, pareggiò 1-1 al Bentegodi contro il Chievo, mentre Mourinho, nel 2008, iniziò la sua avventura in Serie A con un 1-1 in trasferta contro la Sampdoria.
Cristian Chivu, con la sua cinquina rifilata al Torino, ha dunque scritto una pagina nuova ma ben radicata nella storia. Una pagina che ricorda quelle firmate dai maestri del passato, e che oggi – più che mai – fa sperare i tifosi nerazzurri in un futuro altrettanto glorioso.
Il tecnico rumeno non ha solo vinto, ha convinto con una squadra propositiva, compatta e feroce. Un Inter che sembrava già rodata, quasi al punto da far sembrare la preparazione estiva un lontano ricordo. In un colpo solo, Chivu ha superato i debutti di allenatori celebrati e plurititolati.
Se il buongiorno si vede dal mattino, allora la stagione nerazzurra promette scintille. E Chivu, da oggi, non è più solo l’ex difensore del Triplete, ma un allenatore con una precisa identità: offensiva, decisa, coraggiosa. Il pubblico lo ha capito, lo ha applaudito, e ora sogna con lui.
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