Lutto nel calcio italiano: si è spento Giovanni Galeone, tecnico rivoluzionario e maestro di Allegri, Giampaolo e Gasperini. Leggendario a Pescara, dove conquistò due promozioni in Serie A e il soprannome di “Profeta” per il suo calcio offensivo.
È morto Giovanni Galeone: se ne va il “Profeta” del bel calcio italiano. Una domenica triste per il mondo del calcio: Giovanni Galeone si è spento a 84 anni all’ospedale di Udine, dove era ricoverato da oltre un mese. Le sue condizioni si erano aggravate negli ultimi giorni e nella notte tra l’1 e il 2 novembre è arrivata la notizia che nessuno avrebbe voluto leggere. Se ne va uno degli allenatori più iconici e colti del nostro calcio, un innovatore che ha ispirato intere generazioni di tecnici con il suo calcio offensivo e visionario.
Simbolo di Pescara, maestro per Allegri e tanti altri
Napoletano di nascita ma triestino d’adozione, Galeone ha scritto pagine indelebili con il Pescara, conquistando due storiche promozioni in Serie A nel 1987 e nel 1992. In Abruzzo era molto più che un allenatore: lo chiamavano “Il Profeta” per la sua filosofia calcistica fatta di bellezza, libertà tattica e 4-3-3 spettacolare. I suoi schemi esaltavano il talento, le sue squadre attaccavano con coraggio e visione.
Ma Galeone è stato anche il mentore di Massimiliano Allegri – che lo andò a trovare in ospedale durante l’ultima trasferta del Milan a Udine – oltre che fonte di ispirazione per Marco Giampaolo e Gian Piero Gasperini. Tre tecnici che in modi diversi hanno raccolto il testimone del suo pensiero calcistico, fondato su intelligenza, estetica e pragmatismo.
La carriera tra successi, intuizioni e coerenza
La carriera di Giovanni Galeone è stata lunga e ricca di esperienze: dalle giovanili dell’Udinese fino ai successi in panchina con Perugia e ancora Udinese, con cui ottenne complessivamente quattro promozioni in Serie A. Indimenticabile la cavalcata del Pescara nel 1987, squadra costruita per la C1 ma capace di salire in A dominando in B. E poi la memorabile vittoria a San Siro contro l’Inter di Trapattoni, i successi con la Juve di Platini, e quell’epica sconfitta per 4-5 contro il Milan di Capello che raccontava perfettamente il suo calcio: rischioso, ma mai banale.
Allenò anche Napoli, Perugia, Ancona e più volte tornò a Pescara, sempre con l’aura di chi voleva fare un calcio diverso. E in un mondo spesso rumoroso, Galeone si faceva notare per il suo stile: signorile, colto, anticonformista. Amava la letteratura, citava Sartre e Brecht, si lasciava guidare da una visione filosofica del gioco.
L’eredità di un uomo fuori dagli schemi
Soprannominato “Il Marinaio” per la sua passione per il mare e “Il Profeta” per quella per il calcio d’attacco, Galeone non fu mai banale, nemmeno nei momenti difficili. A Perugia valorizzò Milan Rapaic, intuendo la sua esplosività da esterno largo. A Udine, nel 2006, sfiorò l’Europa prima di essere esonerato tra mille polemiche.
Ma al di là dei numeri, il suo più grande successo resta l’influenza profonda che ha avuto su chi lo ha seguito. Allegri lo ha spesso definito “un padre calcistico”, e in fondo è questo che resterà: un maestro silenzioso, che non ha mai avuto bisogno di urlare per lasciare il segno.
Ciao Profeta, e grazie per averci insegnato che il calcio può essere arte.
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