Dalla trasformazione di Calhanoglu in regista all’intuizione di Zalewski mezzala, fino alla crescita di Bisseck, Carlos Augusto e Thuram: Inzaghi ha costruito un’Inter solida, moderna e vincente. La finale di Champions è solo l’ultimo capitolo.
Nel giorno della sua 150ª panchina in Serie A con l’Inter, Simone Inzaghi ha centrato la vittoria numero 100. Un traguardo importante che va oltre i numeri, perché riflette un lavoro di costruzione tecnica, gestionale e tattica che ha trasformato l’Inter in una delle squadre più forti e rispettate del calcio europeo. Un successo quello contro il Torino che, tra l’altro, riapre ufficialmente la corsa scudetto con il Napoli, ora nuovamente nel mirino grazie al pari del Genoa al “Maradona”, a una migliore differenza reti e alla pressione psicologica messa sugli azzurri nel momento decisivo della stagione.

UN COSTRUTTORE DI GIOCATORI
Simone Inzaghi non è semplicemente un tecnico vincente: è un allenatore capace di trasformare i giocatori, esaltandone le qualità e spesso reinventandoli tatticamente. È accaduto anche nell’ultima giornata di campionato, con Nicola Zalewski, schierato a sorpresa nel ruolo di mezzala. Il giovane polacco ha risposto con una prestazione maiuscola, forse la migliore della sua carriera, dimostrando quanto la fiducia e la visione dell’allenatore possano incidere nella crescita di un talento.
Un altro esempio è Francesco Acerbi. Considerato da molti sul viale del tramonto dopo gli ultimi anni alla Lazio, Inzaghi lo ha riportato al centro di un progetto vincente, rendendolo una certezza assoluta della retroguardia interista. Discorso simile per Carlos Augusto, cresciuto esponenzialmente nel doppio ruolo di esterno e braccetto sinistro, e per Denzel Dumfries, oggi riconosciuto tra i migliori esterni a livello europeo.
L’intuizione forse più brillante riguarda Hakan Calhanoglu, trasformato da trequartista a regista: una metamorfosi che ha reso il turco uno dei playmaker più forti e completi del panorama internazionale. Così come ha scelto di puntare fortemente su Henrikh Mkhitaryan, nonostante l’età, inserendolo in un contesto dove oggi è imprescindibile per equilibrio, personalità e continuità.
Il percorso di crescita di Yann Bisseck è un altro merito: da semi-sconosciuto è arrivato a essere un punto fisso e un nazionale tedesco. Anche André Onana, valorizzato al punto da essere ceduto a peso d’oro, rappresenta un successo tecnico ed economico. E infine Marcus Thuram, attaccante che in Francia e Germania veniva spesso impiegato come esterno e che a Milano ha trovato la sua dimensione definitiva come centravanti moderno, veloce, associativo e decisivo.
A completare il quadro ci sono anche Matteo Darmian, diventato un jolly ultra affidabile in ogni zona del campo, e Federico Dimarco, trasformato in un esterno di caratura europea grazie alla libertà e alla responsabilità che Inzaghi gli ha cucito addosso.
Il tecnico piacentino ha preso in mano ognuno di questi profili e li ha portati al massimo rendimento possibile. Dietro ogni vittoria, ogni prestazione convincente, c’è un disegno chiaro: costruire, adattare, migliorare. E nel farlo, l’Inter è diventata molto più di una somma di buoni giocatori: è diventata una squadra completa senza spese folli.

UN UOMO DI CLUB, ANCHE NELLE DIFFICOLTÀ
In un’epoca dove le lamentele degli allenatori per il mercato sono all’ordine del giorno, Simone Inzaghi si è distinto per la sua compostezza e per il senso di appartenenza dimostrato anche nei momenti più delicati. In questi quattro anni, l’Inter ha dovuto spesso fare i conti con esigenze di bilancio che hanno portato alla cessione di pezzi pregiati: da Hakimi a Lukaku ed Eriksen, passando per Onana e Brozovic. Eppure, mai una parola fuori posto, mai una polemica. Inzaghi ha sempre accettato le decisioni del club con equilibrio, concentrandosi su come ricostruire e rilanciare.
È anche grazie a questo atteggiamento, fedele alla linea societaria, ma ambizioso nei risultati, che è riuscito a consolidare il proprio ruolo e a guidare una squadra competitiva in Italia e in Europa, stagione dopo stagione.
NUMERI E PROSPETTIVE
La vittoria sul Torino ha rappresentato per Simone Inzaghi il traguardo delle 100 vittorie in Serie A con l’Inter su 150 panchine, un dato che racconta molto più di una semplice statistica. È il segno di una continuità ad altissimo livello, resa ancora più significativa considerando le pressioni e le aspettative che circondano un club come quello nerazzurro.
Da quando è arrivato nel 2021, Inzaghi ha guidato l’Inter in oltre 200 partite ufficiali, raggiungendo due finali di Champions League, vincendo cinque trofei nazionali (due Coppe Italia e tre Supercoppe italiane) e rilanciando il club in Europa. Nella stagione attuale, i nerazzurri sono in piena corsa scudetto e si preparano a disputare una storica finale di Champions a Monaco di Baviera contro il PSG, la seconda in tre anni, con la consapevolezza di essere ormai un punto fermo nel panorama internazionale.
Non si tratta più di exploit isolati, ma di un percorso lineare, costruito passo dopo passo. La media punti in campionato si mantiene stabilmente sopra i 2 punti a partita, un rendimento da grande squadra europea. E se si guarda al bilancio generale di questi anni, l’Inter di Inzaghi ha saputo evolversi continuamente, passando da squadra solida a macchina da gol, senza mai perdere equilibrio e compattezza.
Oggi l’Inter è una realtà credibile per qualunque traguardo: in Italia come in Europa. E Inzaghi, con numeri alla mano, è diventato l’allenatore nerazzurro più vincente dell’ultimo decennio.
UN PROGETTO CHE FUNZIONA
L’Inter 2024/25 è figlia di una programmazione solida e coerente, che ha in Simone Inzaghi il suo cardine. I risultati parlano chiaro, ma è l’impronta lasciata sull’identità della squadra a fare la differenza. Oggi, grazie alle ultime gestioni, l’allenatore piacentino non è più percepito come un semplice esecutore tecnico, ma come una parte integrante della struttura societaria, un alleato strategico nella crescita del club. Non più un corpo estraneo a cui attribuire le colpe nei momenti difficili, ma una figura pienamente riconosciuta all’interno della dirigenza nerazzurra per equilibrio, gestione e continuità.
Negli ultimi anni Inzaghi ha saputo costruirsi fiducia e centralità, lavorando a stretto contatto con l’area sportiva e diventando un punto di riferimento anche nei momenti più delicati. La società ha imparato a proteggerlo, a dargli credito, e il tecnico ha risposto con prestazioni europee sempre più solide e una maturità gestionale da leader silenzioso.
L’Inter è oggi una macchina tatticamente rodata, tecnicamente completa e psicologicamente compatta. Il gruppo ha un’identità forte, e questo è anche merito di un allenatore che ha saputo ascoltare, adattarsi e proporre soluzioni. Se il club nerazzurro è tornato a imporsi in Italia e in Europa, è anche perché ha saputo riconoscere nel proprio allenatore non solo un dipendente, ma un protagonista del progetto.