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Il Kairat in Champions League: dal confine con la Cina al cuore d’Europa per sfidare i giganti

Dalla periferia estrema dell’Asia al cuore dell’Europa: il Kairat Almaty entra nella storia come il club più orientale di sempre a partecipare alla nuova fase a girone unico della Champions League. Affronterà Inter e Real Madrid, portando con sé una storia fatta di calcio, orgoglio nazionale e un’identità che unisce Asia e Occidente.

Il Kairat Almaty non è solo una squadra di calcio. È un simbolo. Un ponte tra Asia ed Europa, tra passato sovietico e ambizioni europee. La sua partecipazione alla nuova fase a girone unico della Champions League 2024/25 non è solo una novità statistica: è un evento storico.

Giocherà in trasferta a San Siro contro l’Inter, in casa contro il Real Madrid, e sarà la squadra più orientale di sempre a partecipare a questa fase: Almaty dista meno di 300 chilometri dal confine con la Cina. Più a est di Kabul, più a est di Islamabad, eppure ammessa nella UEFA. Un paradosso geografico… e politico.

IL PARADOSSO UEFA: UN’ASIA CHE GUARDA A OVEST

Che il Kazakistan giochi nella UEFA e non nella confederazione asiatica (AFC) è molto più di una curiosità calcistica. È il risultato di una precisa strategia geopolitica. Il Kazakistan, pur essendo un paese prevalentemente asiatico (Almaty dista meno di 300 km dal confine cinese), è riconosciuto come stato transcontinentale: una piccola porzione del suo territorio, a ovest del fiume Ural, è geograficamente europea. E tanto è bastato, nel 2002, per ottenere l’ammissione alla UEFA.

Ma la scelta fu motivata anche – e soprattutto – da ragioni politiche ed economiche. Il governo kazako, guidato all’epoca da Nursultan Nazarbayev, voleva proiettare il paese verso l’Occidente, e usare il calcio come vetrina e strumento diplomatico. La UEFA offriva visibilità internazionale, sponsor di alto livello, e soprattutto legittimità: far parte della “famiglia europea” del pallone significava essere percepiti come parte integrante del contesto occidentale.

Dal 2002 in poi, dunque, i club kazaki hanno avuto accesso a Champions, Europa e Conference League, mentre la Nazionale gioca stabilmente le qualificazioni a Europei e Mondiali attraverso i gironi UEFA. Il paradosso resta: Almaty è più vicina a Pechino che a Istanbul, ma sportivamente fa parte del calcio europeo. E oggi, con il Kairat in Champions League, questo sottile equilibrio geopolitico trova il suo punto più alto.

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UNA STORIA TRA GLORIA, FALLIMENTI E RINASCITE

Fondato nel 1954 con il nome di Lokomotiv Alma-Ata, il Kairat è la squadra più iconica e storica del Kazakistan. Dopo aver cambiato denominazione in Urožaj e infine in Qairat, è stato l’unico club kazako a raggiungere la massima serie del campionato sovietico, partecipando a ben 24 edizioni della Prima Divisione dell’URSS. Tra i momenti più alti dell’epoca sovietica ci sono i due titoli di seconda divisione (1976 e 1983) e un prestigioso 7° posto assoluto nel 1986, piazzamento record per una squadra dell’Asia centrale nel panorama calcistico dell’Unione Sovietica.

Il passaggio al calcio post-indipendenza, però, non fu semplice. Dopo una lunga alternanza tra successi e difficoltà, nel 2006 il club andò vicino al tracollo: lo sponsor principale, le ferrovie statali kazake, si ritirò, lasciando la squadra senza fondi. Il Kairat fu costretto a disputare la stagione successiva con una rosa di giovani inesperti. Solo l’intervento di un gruppo di investitori privati nel luglio 2007, con 4 milioni di dollari, evitò la scomparsa. Ma la crisi non era finita.

Nel 2009 il club dichiarò bancarotta, retrocedette in seconda serie, ma seppe subito rialzarsi: tornò in massima serie e, a partire dal 2014, iniziò una costante partecipazione ai turni preliminari di UEFA Europa League, sfiorando la fase a gironi in più occasioni. Memorabile il cammino nella stagione 2015-16: eliminò anche il Bordeaux con una storica vittoria 2-1 ad Almaty, ma fu condannato dalla regola dei gol in trasferta. Nel 2018-19 registrò la sua più larga vittoria europea (10-1 complessivo contro l’Engordany).

Nel 2020 tornò a vincere il campionato kazako, e un anno dopo fece il suo esordio nella neonata Conference League, anche se senza brillare: due pareggi contro l’Omonia e ultimo posto nel girone. Poi il capolavoro: 26 agosto 2025. Dopo aver eliminato Olimpia Lubiana, KuPS e Slovan Bratislava, il Kairat affronta il Celtic agli spareggi e, dopo due 0-0, vince ai rigori per 3-2. Un successo storico: per la prima volta accede alla fase principale della Champions League (nella formula a girone unico), diventando la seconda squadra kazaka di sempre a riuscirci dopo l’Astana.

Dalla vecchia gloria sovietica alla rinascita europea, il Kairat oggi rappresenta il volto più autentico del calcio kazako. Non solo per la sua storia, ma per la sua capacità di resistere, reinventarsi e sognare ancora.

KAIRAT VS ASTANA: UNA RIVALITÀ CHE RACCONTA IL PAESE

Nel calcio, come nella politica, le rivalità non nascono mai per caso. E quella tra Kairat e Astana è molto più di un duello tra due squadre: è il riflesso di una frattura culturale e identitaria che attraversa tutto il Kazakistan. Da una parte c’è Almaty, l’ex capitale, cuore pulsante e tradizionalista del paese, dall’altra Astana, la nuova capitale, città laboratorio del potere e simbolo di modernità imposta dall’alto.

Il Kairat è il club più antico e amato del Kazakistan. Nato nel 1954, fu l’unica squadra kazaka a giocare nella Prima Divisione sovietica, diventando rapidamente il simbolo calcistico nazionale. Con sede ad Almaty (ex Alma-Ata), ha rappresentato per decenni l’orgoglio locale, la passione della gente comune, le radici storiche del calcio kazako.

Dopo l’indipendenza del 1991, il Kairat attraversò una lunga fase di declino, schiacciato dalle difficoltà economiche e dal vuoto istituzionale post-URSS. Ma non ha mai perso il sostegno popolare: anche nei momenti peggiori, i tifosi del Kairat sono rimasti tra i più caldi e numerosi del paese, pronti a riempire il Central Stadium di Almaty anche nei campionati minori.

L’Astana, invece, è un’invenzione recente. Nasce ufficialmente nel 2009, dalla fusione di due club minori di Almaty, e viene trasferita nella capitale per volontà del governo. Non è solo una squadra: è un progetto statale, una vetrina voluta da Nursultan Nazarbayev per rappresentare la nuova capitale Astana (allora chiamata Nur-Sultan) come centro politico, culturale e sportivo del nuovo Kazakistan.

Finanziata dal fondo sovrano Samruk-Kazyna, l’Astana si sviluppa con grandi investimenti pubblici, stadio moderno (l’Astana Arena da 30.000 posti), staff internazionali e una politica di acquisti aggressiva, che la rende la squadra più competitiva del paese tra il 2014 e il 2019. In quegli anni, il club vince sei campionati consecutivi e raggiunge per primo la fase a gironi della Champions League nel 2015, portando il Kazakistan sul palcoscenico europeo.

Il contrasto è evidente: Kairat contro Astana è la provincia contro il potere, l’anima popolare contro la vetrina istituzionale, la tradizione contro l’esperimento. I tifosi del Kairat vedono l’Astana come una creatura artificiale, senza storia né identità, messa lì per decisione politica. I sostenitori dell’Astana, invece, rivendicano il presente: più titoli, più Europa, più ambizioni.

Ecco perché i match tra le due squadre sono tra i più sentiti del campionato kazako. Non solo per i punti in palio, ma perché raccontano, ogni volta, una frattura nazionale profonda, che va oltre il pallone.

Negli ultimi anni, il dominio dell’Astana si è indebolito: meno investimenti, risultati in calo, e un progressivo ritorno del Kairat ai vertici, culminato con il titolo del 2024. Il club di Almaty ha saputo rilanciarsi puntando su giovani talenti, come Dastan Satpayev, e su un progetto tecnico più sostenibile.

Ma la rivalità resta accesa. È il volto calcistico delle due anime del Kazakistan: una che guarda al passato con orgoglio, l’altra che guarda al futuro con ambizione. E oggi, con il Kairat pronto a sfidare l’Europa, quel derby nazionale si trasforma in un messaggio al mondo.

L’ORGOLIO DI ALMATY: TALENTO, INVESTIMENTI E GIOVANI

Negli ultimi anni, il Kairat Almaty ha saputo riscattare una lunga stagione di difficoltà attraverso una strategia chiara e coraggiosa: unire il talento locale a investimenti mirati e competenze estere, puntando su un’identità calcistica moderna ma ben radicata nel territorio.

Il primo grande salto qualitativo è avvenuto grazie all’arrivo di giocatori stranieri di esperienza, con una particolare attenzione al mercato brasiliano. A partire dal 2020, il club ha aperto una solida linea di contatto con il Sud America, ingaggiando sei brasiliani in cinque anni, tra cui spicca l’intramontabile Vágner Love, che ha portato leadership e visibilità internazionale. Accanto a lui sono arrivati altri profili meno noti, ma funzionali a elevare il livello tecnico della rosa.

Parallelamente, il club ha rinnovato completamente il suo settore giovanile, investendo in infrastrutture, scouting locale e formazione. Questo processo ha dato i suoi frutti: oggi il Kairat può contare su una delle accademie più evolute dell’Asia centrale, capace di produrre giovani di talento in grado di competere a livello continentale.

Il simbolo di questo progetto è Dastan Satpayev, classe 2008, attaccante esploso a soli 16 anni tra i professionisti. Considerato il miglior talento kazako della sua generazione, Satpayev è già nel mirino dei top club europei. Il Chelsea ha opzionato il suo cartellino per 4 milioni di euro, fissando il trasferimento una volta raggiunta la maggiore età: una mossa che conferma il crescente valore del vivaio del Kairat anche sul mercato internazionale.

A completare il quadro ci sono gli allenatori e preparatori stranieri, che hanno portato al club metodologie nuove, approcci scientifici alla performance e una visione più europea del gioco. Il mix tra tecnica brasiliana, forza locale e disciplina esterna ha creato una squadra solida, organizzata e pronta al salto di qualità, come dimostrato dal titolo nazionale vinto nel 2024 e dalla storica qualificazione alla fase campionato della Champions League.

In un paese dove il calcio ha faticato a emergere come sport d’élite, il Kairat oggi rappresenta una vera eccellenza calcistica, capace di formare campioni, emozionare i tifosi e farsi rispettare anche oltre i confini della steppa.

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PROSSIMA FERMATA: SAN SIRO

Il Kairat Almaty è pronto ad affrontare il viaggio più ambizioso della sua storia. La qualificazione alla fase campionato di Champions League lo catapulta in un mondo nuovo, scintillante e pieno di insidie. Le urne europee hanno disegnato un percorso che somiglia più a un romanzo d’avventura che a un semplice calendario sportivo: otto tappe, otto ostacoli, otto sogni.

Tra le avversarie, c’è il Real Madrid: la squadra più vincente di sempre in Europa. Una leggenda vivente che volerà fino in Kazakistan per sfidare il club più a est di tutta la competizione. Per i tifosi del Kairat sarà un evento generazionale, una notte destinata a entrare nei libri di storia del calcio nazionale.

Poi ci sarà l’Inter, che il Kairat sfiderà in trasferta, in quello che è considerato uno dei templi del calcio mondiale: San Siro, uno stadio che profuma di gloria e battaglie leggendarie. Per molti dei giocatori kazaki sarà la prima volta su un prato così prestigioso: un’esperienza che vale una carriera.

E non finisce qui. Il cammino europeo del Kairat incrocerà anche il fascino inglese dell’Arsenal, club blasonato, elegante e ricco di giovani stelle, e il talento portoghese dello Sporting CP, fucina inesauribile di talenti e avversario sempre temibile.

Il girone comprende anche l’Olympiacos, simbolo del calcio greco e abituato a sfide ad alta temperatura emotiva, e il Club Brugge, squadra dal palmarès europeo importante e dal calcio sempre aggressivo. A chiudere il quadro ci sono due rivali meno altisonanti, ma tutt’altro che semplici: il Copenaghen, formazione nordica con una solidissima identità tattica, e il Pafos, club cipriota al debutto assoluto in Champions, che rappresenta l’unico scontro “inedito” tra outsider.

Per il Kairat non sarà una semplice partecipazione: sarà un viaggio epico attraverso il cuore del calcio europeo, tra capitali storiche e stadi infuocati. Non ci sono aspettative, solo l’orgoglio di esserci. E la voglia, magari, di lasciare un’impronta indelebile.

A proposito di Cristian La Rosa

Cristian La Rosa. Classe ’76, ama il calcio e lo sport in generale. Segue con passione il calcio internazionale e ha collaborato con alcuni web magazine. È il fondatore, ideatore ed editore.