Leo Messi segna due gol al Venezuela in quella che potrebbe essere stata la sua ultima partita in Argentina con la Selección. Occhi lucidi, l’inno con i figli, lo stadio Monumental in delirio. Il 10 lascia la porta socchiusa per il Mondiale 2026: “La cosa più logica è che non ci sarò, ma resto fiducioso…”
Un cielo terso su Buenos Aires, un Monumental pieno come poche volte. E in campo, Lionel Messi. Forse per l’ultima volta in patria con la maglia dell’Argentina. Le emozioni si avvertono ancor prima del fischio d’inizio, quando Leo entra sul prato verde accompagnato dai suoi tre figli – Thiago, Mateo e Ciro – per cantare l’inno con gli occhi lucidi e il cuore in gola. Un momento da pelle d’oca, di quelli che valgono più di mille parole. È la notte delle lacrime, dei ricordi, delle magie. È la sua notte.
LA STORIA SI RIPETE: DAL VENEZUELA AL VENEZUELA, DAL MONUMENTAL AL MONUMENTAL
Era il 2009 quando, dopo il ritiro di Juan Román Riquelme, Messi ricevette per la prima volta la maglia numero 10 dell’Argentina. L’avversario? Il Venezuela. Lo stadio? Sempre il Monumental. Quel giorno segnò e servì un assist. Stavolta, quindici anni dopo, la storia si ripete. Messi segna una doppietta, stavolta su invito di due nuove stelle del calcio argentino: Julian Alvarez e Thiago Almada. Entrambe le azioni arrivano dalla destra, con passaggi orizzontali in area che sembrano disegnati solo per lui. E Leo non sbaglia.
“LA COSA PIÙ LOGICA È CHE NON CI SARÒ, MA…”
Il tema del ritiro aleggia in ogni angolo dello stadio. Lui stesso, dopo il match, non si nasconde: “La cosa più logica è che io non giochi il prossimo Mondiale. Ma sono qui, resto fiducioso”. Una frase che pesa come una sentenza, ma che in fondo lascia uno spiraglio. Leo sa che il tempo corre, ma non vuole chiudere la porta. “Se non sarò al 100%, preferisco non esserci. Ma tutto si costruisce giorno dopo giorno”. Parole che commuovono, che fanno riflettere. Perché forse, anche i sogni, a volte, hanno bisogno di una seconda chance.
L’ARGENTINA È GIÀ AL MONDIALE. E LO È DA CAMPIONE
Il campo dice 3-0 contro il Venezuela. Oltre alla doppietta di Messi, va in gol anche Lautaro Martinez, autore del terzo sigillo. L’Argentina è già qualificata, in testa al girone sudamericano con 10 punti di vantaggio sul Brasile. Lionel Scaloni può sorridere: la sua Selección continua a crescere, a vincere, e a convincere. Anche senza sapere se il suo leader ci sarà ancora o no.
“L’AMORE DELLA MIA GENTE, IL MIO SOGNO PIÙ GRANDE”
Nel post-partita, Messi si lascia andare: “Al Barcellona ho sempre sentito l’amore del pubblico. Ma per anni ho sognato di riceverlo anche qui, nel mio Paese. E ora che lo sento, posso dire che è il sogno più grande che si avvera”. Parole toccanti, che chiudono il cerchio di una carriera straordinaria. “Per anni si sono dette tante cose su di me, ma resterà sempre tutto il bello che abbiamo costruito insieme. I fallimenti, i trionfi, le lacrime. E questa gente che non mi ha mai lasciato solo”.
LAST DANCE?
È ancora presto per dire se sarà davvero l’ultima. Ma se lo fosse, Messi avrebbe scelto la sceneggiatura perfetta: doppietta, inno con i figli, Monumental pieno, vittoria. Un palcoscenico che sembra pensato per lui. Per il numero 10. Per il più grande di sempre.
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