Il 21 marzo del 1960 nasceva Ayrton Senna.
Nasceva la rivoluzione, il fascino e l’energia che avrebbe smosso gli animi degli appassionati di tutte le generazioni e di tutto il mondo, anche quelle che ne hanno potuto apprezzarne e ammirarne le gesta solo attraverso pagine di giornale, racconti, testimonianze, ricordi.
Nasceva in primavera, Ayrton, nella stagione più matta di sempre, quella in conflitto continuo tra lo splendore del sole e il grigio della pioggia.
E proprio con la pioggia, lui aveva un feeling speciale. Così speciale da guadagnarsi il soprannome “The Magic”. Perché le imprese che riusciva a regalare a se stesso e al suo pubblico erano semplice e pura magia. Prima fra tutte, quella che segna l’avvio di “Senna l’uragano”, di “Senna il prodigio”, quella che fa capire a tutti, ma proprio tutti, che quel ragazzino appena trasferitosi in Europa sarebbe stato destinato a grandi cose: la vittoria mancata tra le curve monegasche nel Gran Premio del 1984.
Quella domenica, è il 3 giugno. La pioggia copre palazzi, yacht, cordoli e box, in vista del sesto appuntamento stagionale. Alain Prost, con la sua McLaren, occupa la prima piazzola sulla griglia di partenza, seguito dalla Lotus di Nigel Mansell, e le Rosse di Renè Arnoux e Michele Alboreto. Solo ottavo l’altro contendente al titolo in casa McLaren, Niki Lauda.
Mentre, più indietro, alla tredicesima casella, c’è una monoposto bianca dalle fiancate blu. E’ una Toleman motorizzata Hart, con il numero 19 sul muso. Alla guida, un giovane brasiliano, al suo primo anno d’esordio tra i “grandi”: è Ayrton Senna Da Silva, che da poco ha lasciato la sua amata San Paolo per inseguire il sogno di diventare un Campione di Formula 1.
La partenza viene rinviata di 45 minuti a causa della troppa acqua in pista, e la corsa rivierasca finalmente vede il via. Prost tiene dietro il Leone inglese e le Ferrari, mentre Lauda, approfittando dell’uscita di scena delle due Renault di Warwick e Tambay e della Ligier di Andrea De Cesaris, raggiunge e supera Alboreto e Arnoux.
La gara si preannuncia matta, come la condizione climatica che l’accompagna: Mansell sopravanza Prost, costretto a rallentare dopo il contatto con un commissario impegnato a spingere la Brabham di Teo Fabi che era ferma al centro del tracciato. Per fortuna, un episodio senza tragiche conseguenze.
Epilogo amaro per Mansell: al sedicesimo giro, la sua Lotus, vittima dell’aquaplaning, sbatte contro le barriere, tornando in pista con l’alettone piegato. Ringrazia Prost, che lo sorpassa alla curva del Mirabeau. L’inglese, sarà poi costretto al ritiro.
Anche nelle retrovie non mancano i colpi di scena. Tra i piloti esclusi dalla zona podio, c’è qualcuno che sta tirando come un matto, segnando gli stessi tempi di chi è al comando. Ayrton, partito tredicesimo, è autore di una insospettabile rimonta. L’acqua, sembra proprio il suo elemento, tra le curve del Principato è già nono al termine del primo giro, sesto al decimo, e dopo aver raggiunto la Williams di Keke Rosberg e il Cavallino di Arnoux, è terzo. Terzo.
Una posizione impensabile per una vettura non molto competitiva come la Toleman, che in tempi non sospetti era stata persino etichettata come “Maiale volante”.
Alla diciannovesima tornata, è Lauda a farsi da parte. Il piccolo casco giallo prende il posto di un sole che non c’è. Tra Ayrton e il successo, resta solo un ostacolo: un ostacolo che, negli anni, avrebbe rappresentato il suo più grande rivale. Prost è saldamente al comando della corsa, cauto nel non commettere errori per mantenere la leadership nella classifica piloti.
Senna, incurante della pioggia, continua a divorare velocità, e i suoi secondi di distacco dal francese, a mano a mano, diminuiscono. Tra loro, ci sono solo sette secondi. Sul più bello, però, accade qualcosa.
Alain alza la mano, come a voler chiedere che la corsa venga interrotta.
Jackie Ickx, il direttore di gara, fa sventolare la bandiera rossa. Il Gran Premio di Monaco vede la bandiera a scacchi al trentunesimo giro, con Prost vincitore.
Sul podio, accanto a Bellof, avvolti dalla regalità della famiglia Ranieri, i due si guardano appena. Senna è furioso.
“Sono molto arrabbiato – dichiarerà – ma ho dimostrato quello che potrei fare a parità di macchina…”
Il destino, quell’anno, punirà in qualche modo Alain: per aver corso metà Gran Premio, il professore conquista solo metà punteggio, quattro punti e mezzo. Per uno 0,5, non diventerà Campione del Mondo.
La prima gioia di Senna, comunque, si farà attendere.
Sale sul gradino più alto del podio il 24 aprile del 1985, da pilota Lotus. Vince, guidando sotto una tempesta.
“Pensi di avere un limite, così provi a toccare questo limite e accade qualcosa. Immediatamente riesci a correre un po’ più forte, grazie al potere della tua mente, alla tua determinazione, al tuo istinto e alla tua esperienza… puoi volare molto in alto”.