Foto: Andy Hone / Motorsport Images

F1: Ricciardo, il ritorno

La notizia della sostituzione di Nyck De Vries con Daniel Ricciardo in AlphaTauri ha fatto discutere, con l’opinione pubblica divisa tra chi pensa che all’olandese sia stato dato troppo poco tempo per mostrare le sue qualità in Formula 1 e chi ritiene fosse un epilogo atteso quanto scontato… 

Martedì 11 luglio 2023. Una giornata in cui ancora si cercavano analisi e riflessioni sui fatti che hanno caratterizzato il fine settimana della Formula 1 a Silverstone, in cui si cercavano risposte in merito a una Ferrari assente e a una sorprendente crescita McLaren, viene caratterizzata da due notizie: l’appiedamento di Nyck De Vries e il ritorno di Daniel Ricciardo alla guida di una monoposto di Formula 1… non come terzo pilota. 

Da dove partire? Dal fatto che il mondo Red Bull, i propri piloti, non li perdona. Tutti, tranne uno. È già accaduto, accadrà ancora, il rimbalzo dei sedili. La facilità con cui dà occasioni e la facilità con cui mette alla porta. 

Stavolta, è stato il turno dell’ex campione di Formula E, “fatto fuori” dopo appena dieci Gran Premi. Sono davvero troppo poche, dieci tappe, per prendere una decisione simile? Per la casa di Milton Keynes, evidentemente no. In passato c’è voluto molto meno per “retrocedere” qualcuno dalla “prima squadra” a quella satellite. E nel caso di De Vries, il mix tra una monoposto difficile e l’assenza di feeling, gli sono stati fatali.  

Ingaggiato grazie all’exploit di Monza nel 2022 al volante della Williams, le aspettative su di lui erano molto alte. E raccogliere sempre bastonate dal compagno di squadra, a 28 anni, per un pilota che ha raccolto conoscenze ed esperienza come collaudatore di diverse vetture della massima serie, è stato inaccettabile. Imparagonabile alle difficoltà che ha riscontrato e che può riscontrare un giovane Yuki Tsunoda.  

E allora, ecco il ritorno di Daniel.  

Il ritorno di un Daniel che si spoglia delle vesti di pr Red Bull per tornare in macchina, per davvero.  

Un Ricciardo di cui che nessuno avrebbe immaginato, fino al 2018, che il suo percorso in Formula 1 potesse essere così tanto travagliato e deludente. Per la sua velocità, le sue mosse nei sorpassi. E sì, aggiungiamoci anche la sua personalità, che certamente non è mai passata inosservata. 

Fino al 2018, dicevo. Perché è quello, l’anno che ha segnato la sua svolta, la sua discesa, la sua crisi. Dalla quale è uscito preferendo un team minore alla realtà in cui era cresciuto, ma che lo stava schiacciando.  

Red Bull lo stava schiacciando. Il Verstappencentrismo, lo stava schiacciando. Una frustrazione dalla quale non è più uscito, ma non perché non riuscisse a farsene una ragione, semplicemente perché con Renault prima e con McLaren poi, la sintonia non l’ha mai avuta.  

“Eh ma con Renault dei podi li ha ottenuti, con McLaren ha vinto”, direte voi. Sì, tutto vero, ma solo nella pratica. Nella teoria, Daniel non è stato più lo stesso.  

Ora, torna. Lo farà al volante della difficile monoposto faentina. Ed è qui che scendono in campo diverse riflessioni.  

Perché proprio Daniel? L’esperienza. Un pilota esperto può essere sempre un importante aiuto in un team in difficoltà e in fase di cambiamenti. Per l’australiano togliere un po’ di ruggine e riabbracciare gli asfalti e i cordoli mondiali certo è un buon allenamento. 

Ma un allenamento per? Per prepararsi a tornare al fianco del futuro tre volte campione del mondo olandese? Per provare a mettere un po’ di pepe a un Perez irriconoscibile?  

Per licenziare Perez prima della fine del contratto? Ormai, con Red Bull tutto è possibile. E Albon, nel chiudere a chiave la porta del Toro, ha fatto solo bene… 

A proposito di Beatrice Frangione