Quando un gol costa una vita: il disastro di Ibrox del 1971

Il 2 gennaio un altro capitolo dell’Old Firm: finisce 1-1 con due gol negli ultimi due minuti. All’esterno, la calca e la morte di 66 persone sulla scalinata 13.

di Stefano Ravaglia

Colin Stein trascorse quattro anni al Rangers Glasgow. Vinse un campionato, una coppa di Scozia, due coppe di Lega, giocò in nazionale e nel 1969 segnò ben quattro reti a Cipro, unico scozzese a fare hat-trick sino al 2015, quando Fletcher segnò una tripletta a Gibilterra.

Ma non avrebbe mai pensato che un suo gol, segnato in extremis al Celtic, nella partita delle partite, potesse costare la vita a 66 persone. Il 2 gennaio del 1971 ad Ibrox, casa dei Rangers, va in scena un altra puntata del romanzo dell’Old Firm, la sfida calcistica più sentita d’Europa e non solo.

Il titolo è affare di Celtic e Aberdeen: lo vinceranno i primi, con soli due punti di vantaggio. La partita è come al solito combattuta, ma nessun gol sino al minuto ottantanove. Dopo un gran tiro da fuori che si stampa sulla traversa, il rimbalzo coglie preparato Jimmy Johnstone, che insacca di testa il vantaggio dei suoi.

I tifosi dei Gers, cancellando la speranza di un pareggio, iniziano a sfollare dall’impianto, percorrendo le grandi scalinate tipiche degli stadi inglesi dell’epoca, che erano rimasti quasi totalmente quelli sin dalla loro costruzione. Allo scoccare del novantesimo, il Rangers usufruisce di un calcio di punizione dalla sinistra: il pallone messo in mezzo dal numero dieci, Dave Smith, piove, dopo il tocco di un compagno, sui piedi di Stein che insacca il pareggio. La beffa è servita, e le squadre rientrano negli spogliatoi con il Celtic che aveva potuto assaporare il gusto del bottino pieno soltanto per pochi secondi.

Nel frattempo, sulla scalinata 13 che conduce all’esterno dell’impianto, sta accadendo qualcosa di grosso: vuoi per l’inversione di marcia di chi era già uscito e aveva udito il boato da dentro per il gol dell’1-1, vuoi perché un bambino in braccio a suo padre era scivolato, si crea una calca impressionante che lentamente inizia a non dare scampo a chi si trova sulla scalinata.

I corrimano in ferro che delimitano la scalinata, sono una ulteriore trappola. Perdono la vita 66 persone e circa 200 restano ferite. Robert Carrigan e Peter Easton sono le vittime più giovani: avevano solo 13 anni.

La madre di Peter, ricorda:

“Lo lasciai andare, ci teneva tanto. Mi disse ‘Grazie mamma, grazie!’. Lo salutai dall’alto del pianerottolo, ero tentata di dargli un abbraccio prima di salutarlo… lui non avrebbe rifiutato, ma era comunque un ragazzino che a quell’età non voleva più essere abbracciato o baciato, era normale. Così lo vidi uscire e attraverso la finestra lo vidi poi raggiungere i suoi amici tifosi del Rangers come lui. E non lo rividi tornare”.

L’inchiesta ufficiale a dire il vero lascia qualche dubbio sul fatto che i tifosi usciti stessero tornando indietro dopo il gol di Stein: pare invece che stessero tutti andando dalla stessa parte. William Waddel guidò la commissione per il restauro di Ibrox, seguendo il modello dello stadio del Borussia Dortmund.

Non fu quella la prima disgrazia capitata nello stadio dei Rangers: il 5 aprile del 1902, seppur in condizioni veramente precarie, una parte della Western Tribune Stand appena costruita (con assi di legno!) crollò dopo le piogge della notte precedente, ferendo 300 persone e uccidendone 25. Stavano assistendo a Scozia-Inghilterra. Dopo quanto accaduto nel 1971, poco cambiò.

Si dovranno aspettare ancora diversi anni, e soprattutto altre tragedie (Bradford ’85, Hillsborough ’89), perché la Gran Bretagna decida di tirare definitivamente una riga sulle sue strutture completamente fatiscenti.

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