Archibald Hunter, il cacciatore di gol

Bocciato ad un provino con il Calthorpe, se lo prende l’Aston Villa. E diventa il capitano della prima Coppa d’Inghilterra dei “Villans”. Prima di sbattere nel suo tragico destino.

di Stefano Ravaglia

Un nome, una garanzia. Se ti chiami Archibald Hunter, stai sicuro che avrai successo. “Hunter”, cacciatore, nella traduzione dall’inglese. E “Archie”, cacciatore affamato lo era davvero.

Ma prima di parlare di lui, occorre parlare di un altro Hunter, con lo stesso nome di battesimo, che si distinse tra le fila dell’esercito britannico. Il comandante del quarto reggimento del Lancashire, subito tuffatosi nella carriera militare alla caserma di Glasgow e poi a quella di Sandhurst (la stessa di Bill Shankly, manager del Liverpool), comandò i britannici nelle famose guerre contro i boeri in Africa, dapprima liberando Ladysmith, cittadina chiave per il dominio del Sudafrica, e poi marciando su Pretoria.

Le sue doti e la sua esperienza, furono utili anche durante il primo conflitto mondiale, quando comandò la tredicesima divisione impartendo lezioni di come si stava in battaglia, seppur senza un ruolo di primo piano, ritirandosi poi dall’esercito, per entrare in politica, nel 1918, a conflitto finito. Il “nostro” Archibald Hunter, invece, nato tre anni dopo il generale, non ebbe nulla a che fare con alcun conflitto, se non quelli che si disputavano nei primissimi anni del football d’oltremanica, nei giorni in cui iniziò una grande storia che prosegue ancora oggi.

Anch’egli originario di Giaffa, Scozia, tirò i primi calci nella propria terra prima di mettersi in luce con l’Ayr Thistle e il Third Lanark. In quegli anni pionieristici, football e rugby rivaleggiano, sino a quella riunione del 1863 alla Freemason’s Tavern che sancì la separazione tra i due sport: a calcio si gioca con i piedi, e non con le mani. La svolta per “Archie” arriva poco dopo, quando, non ancora ventenne, si trasferisce a Birmingham per provare con il Calthorpe FC. Quanti errori si commettono ancora oggi in sede di mercato? Beh, quello commesso dall’altra squadra della città, fu clamoroso. Non ritenuto idoneo di proseguire, Hunter vide le sue speranze di diventare footballer tramontare all’istante.

La carriera di Archibald Hunter

Ma dietro l’angolo spunta un simbolo dell’Aston Villa, quel George Ramsay che diverrà manager per quattro decenni del club, e che in quel momento ne è il capitano. Nel 1878 l’Aston Villa gli fa ripetere il provino e lo mette sotto contratto.

L’Aston Villa era un club che era venuto rapidamente alla ribalta, e mi chiesero di unirmi a loro. Esitai, ma un mio amico mi disse che il capitano del club era un ‘fratello’ scozzese, il signor George Ramsay. Egli era un uomo di Glasgow che si stava adoperando in ogni modo per portare il club tra le prime d’Inghilterra”.

I Villans lo arruolano e… altro che bidone. Gabriele Manu e Marco Scialanga hanno raccontato la sua vicenda nel loro “Football tra storia e leggenda”:

“Hunter fu il primo calciatore a segnare in tutti i turni di FA Cup, nel 1887, portando i suoi alla vittoria finale e affermandosi come uno dei migliori calciatori dell’epoca. Gran cannoniere, ma anche ispiratore dell’attacco, il fulvo Archie entrò nella storia della neonata Football League segnando 42 gol in 73 partite, tra il 1888 e il 1890”.

Più o meno nello stesso periodo, a Londra, imperversavano omicidi di prostitute che diedero vita al mito di Jack lo Squartatore: ogni città aveva il suo killer.

A vederlo, pareva un carcerato: divisa aderente tutta a righine verticali bianche e scure, baffetti d’ordinanza, era invece un bomber letale. E dagli scozzesi, che il calcio non l’avranno proprio inventato, ma l’hanno reso ciò che conosciamo oggi, quell’Aston Villa prende la tattica del “passing game”: ovvero niente lanci lunghi come accadeva all’epoca e gioco un po’ a casaccio, ma una fitta rete di passaggi che avrebbero condotto in porta, nonostante in Scozia non brillassero piedi troppo dolci.

Prima della finalissima di quella FA Cup del 1887, l’ultimo anno in cui restava il solo trofeo in palio, perché l’anno seguente sarebbe arrivata la prima edizione del campionato, Hunter disse:

“Il nostro gioco di passaggi corti funziona al meglio in un campo di grandi dimensioni, così come il gioco di lunghi lanci dalle retrovie dell’Albion rende al meglio in campi corti e stretti. Il campo dell’Oval è regolare, il che vuol dire che abbiamo parità di condizioni: e a parità di condizioni, il nostro gioco è migliore del loro. Queste sono le ragioni per cui penso che vinceremo sabato”.

Sarà così: 2-0 al West Bromwich al Kennington Oval, casa della finale sino al 1892, e coppa alzata addirittura da capitano, dopo il passaggio di fascia dal braccio di Ramsay, proprio colui che gli aveva dato l’occasione più bella della sua vita.

L’incredibile fine della sua carriera

Ma per quanto sia stata rosea la sua storia e la sua rinascita dopo quel provino andato clamorosamente male, ecco che il destino si mette in mezzo in un giorno di quel 1890, durante una partita contro l’Everton. Così come capiterà a molti calciatori nei decenni a venire, e ancora oggi purtroppo accade, Hunter cadde a terra colpito da un infarto. La storia pare avere un lieto fine: soccorso immediatamente, riuscì più o meno a riprendersi, ma dovette rinunciare ai suoi numeri, ai suoi gol e alla sua classe.

Non avrebbe mai più calcato un campo di calcio. Quattro anni dopo, nel 1894, spirò a soli 35 anni. Verità o leggenda, la sua fine non poteva che avere un ultimo contatto con quel pallone che dapprima lo aveva maledetto e poi lo aveva premiato: non ancora di casa al Villa Park, bensì al Perry Bar, il nostro pretende, dal letto di morte, di andare un’ultima volta alla finestra a vedere i suoi ex tifosi dirigersi verso lo stadio a tifare Aston Villa.

Generale in battaglia o calciatore della prima ora, quella dei baffoni uncinati e dei ritrovi al pub, se ti chiami Archibald Hunter non avrai mai una vita come tutte le altre.

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