serie a tim, stagione 2019/2020
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Il premio di MVP

In America, sia nella NBA, che nella NFL o MLB, a fine stagione è abitudine decretare un “most valuable player” del campionato appena terminato, un come si suol dire oltre oceano, un MVP. Giornali del settore e testate giornalistiche online, aprono un vero e proprio processo mediatico per arrivare a un verdetto, abitudine che da tempo è arrivata anche in Inghilterra, nella Premier League e da appena un anno nella nostra amata Serie A. Così ci siamo chiesti: e se dovessimo sceglierlo noi un MVP del campionato?

Il metodo di voto

Il sistema di voto adottato in America, è tanto semplice quanto complesso: ogni giornalista del settore è chiamato a esprimere una sola preferenza, insieme al parere degli ex giocatori; il più votato, ottiene il premio. Non ci sono però criteri da rispettare se non quelli morali di chi è chiamato ad esprimere la propria preferenza, al contrario invece del “Pallone d’oro” della Fifa che si basa sul numero dei goal e dei trofei vinti: niente Champions (o Mondiale) al 90% dei casi per la Fifa vuol dire niente trofeo. La scelta della lega della Serie A è ricaduta in maniera quasi inevitabile, su Cristiano Ronaldo, con una decisione che ha un po’ diviso i tifosi di tutta Italia: da una parte chi condivide la scelta, dall’altra invece, chi il premio lo avrebbe dato a qualcun altro. Le sue statistiche non sono male (21 goal e 8 assist) ma come abbiamo appunto spiegato, quello dell’Mvp è un premio che non deve seguire mere regole statistiche, bensì bisognerebbe guardare al contesto. Cosa ha fatto Cristiano Ronaldo di così fondamentale per la Juventus? Senza di lui, lo scudetto sarebbe andato al Napoli? Per rispondere assegnare un premio simile e  per rispondere a queste domande, bisognerebbe innanzitutto mettere in chiaro una cosa: tenere in conto l’assoluta impossibilità di trovare un criterio oggettivo per fare una “graduatoria” individuale di singoli all’interno di uno sport di squadra. Una scelta tra due nomi è una sintesi troppo estrema di un qualcosa di incomparabilmente più complesso come il “giuoco” del calcio. Tale gioco si pratica con undici uomini (più le riserve), stabilire chi è il migliore è impossibile, perchè significa astrarre dal contesto (compagni, modulo di gioco, allenatore, club…) e comparare pere a mele.

Il mio voto

Detto ciò, ognuno è (fortunatamente) libero di vedere le cose alla propria maniera, e lungi da me l’idea di vietare a chi le apprezza, discussioni del tipo “Ronaldo vs Messi”. Per un un elementare senso di uguaglianza mi aspetto però che si possa ottenere in cambio la stessa tolleranza se azzardo nel dire che io, quel premio, lo avrei dato a Duvan Zapata. Il ragionamento che mi ha portato a tale scelta, non è una mancanza di rispetto verso il talento di Cr7, non è tifo per l’Atalanta o qualche strana voglia da “famolo strano” o di notorietà. È solo una preferenza frivola e argomentabile,  per me il termine MVP, è indicare chi più si avvicina alla mia idea di cosa il singolo premio dovrebbe valorizzare: gioco di squadra, concretezza e capacità di sacrificio per il bene della squadra, tre elementi in cui l’attaccante ecuadoriano rientra alla perfezione, rispetto al portoghese. Se infatti l’Atalanta è storicamente arrivata per la prima volta in Champions League, il merito passa sopratutto dai suoi piedi, capace di realizzare 23 goal pesantissimi e nello stesso tempo giocare al completo servizio dei suoi compagni: Duvan infatti, è stato molto prezioso anche in fase di non possesso (come possiamo vedere nell’immagine qui sotto) e nelle partite in cui è mancato, la sua assenza è stata più che pesante. Cristiano Ronaldo invece, che gioca sicuramente un calcio diverso, in fase difensiva è stato molto meno decisivo per la sua squadra, che per carità avrà raggiunto risultati più prestigiosi dell’Atalanta, ma è proprio questo che si dovrebbe (a parer mio) andare a premiare: la capacità di essere decisivo all’interno di un determinato contesto. Altrimenti, staremmo parlando di una copia del pallone d’oro, non trovate?

A proposito di Matteo Paniccia

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