ITALIA – SVIZZERA 1952. A Palermo le feste natalizie si tinsero d’azzurro

Una novità della più recente Serie A sono le giornate disputate durante le festività natalizie.
Un ritorno al passato, a dire il vero, quando in più occasioni il nostro campionato è andato in scena tra il 25 dicembre e l’Epifania.

C’è stato pure un anno in cui, a scendere in campo in questo periodo, non sono stati i club bensì la Nazionale…

 

Un tempo, in assenza degli Europei (istituiti negli anni Sessanta), le Nazionali del Vecchio Continente si misuravano tra loro in maniera altalenante e non sistematica. Basti pensare che l’unico torneo vero e proprio era privo di cadenza regolare, di durata variabile e riservato ad alcune selezioni centro-meridionali: si tratta della Coppa Internazionale, che ebbe luogo 6 volte tra il 1927 e il 1960.

La penultima edizione fu la 1948-1953. A contendersela, come sempre fino a quel momento, furono Ungheria, Cecoslovacchia, Austria, Italia, Svizzera.

L’ordine in cui abbiamo elencato le partecipanti fu anche quello della classifica finale: troppo forte la meravigliosa Ungheria di Puskas, la più grande squadra della storia (insieme all’Olanda di Cruijff) a non aver mai vinto la Coppa del Mondo; troppo debole l’Italia formato anni Cinquanta, rimasta orfana del Grande Torino e protagonista di Mondiali deludenti nel ’50 e nel ’54, fino alla mancata qualificazione del ’58.

E pensare che gli azzurri, nell’era pre-bellica firmata Vittorio Pozzo, avevano vinto due volte quella competizione e figurano in testa nell’Albo d’Oro.

Una foto della Nazionale italiana del maggio 1952 (ultima presenza di Silvio Piola in azzurro). Di questi giocatori, 4 avrebbero disputato il match contro la Svizzera il 28 dicembre. Riconoscibili inoltre a sinistra il CT Beretta e a destra Giuseppe Meazza, nella veste di preparatore atletico.

 

L’8^ giornata di questa quinta Coppa Internazionale ha in programma lo scontro diretto di fondo classifica: Italia-Svizzera. La data del match è il 28 dicembre 1952. Vista la stagione, viene scelta una location dal clima mediterraneo: per la prima volta in assoluto, gli azzurri giocano a Palermo, nell’impianto (oggi chiamato Renzo Barbera) adiacente al Parco della Favorita.

La sfida d’andata, svoltasi l’anno precedente a Lugano, è finita in parità: alla rete del ticinese Ferdinando Riva aveva risposto nel finale Giampiero Boniperti, fuoriclasse della Juventus.
Nel capoluogo siciliano dovrà essere tutta un’altra storia.

In uno stadio gremito, agli ordini dell’arbitro belga Laurent Franken, l’Italia scende sul terreno di gioco allenata da Carlino Beretta, dirigente industriale (tutti conoscerete la fabbrica d’armi Beretta…) e calcistico (fu ad esempio presidente del Brescia). All’epoca, non era raro che la FIGC affidasse la Nazionale a figure più gestionali che tecniche.

Lo stadio comunale di Palermo dove si giocò Italia-Svizzera

Tra i pali: Giuseppe Moro (Sampdoria) portiere “felino” dalle tormentate vicende calcistiche e non; la sua biografia, scritta da Mario Pennacchia, s’intitola ‘La vita disperata del portiere Moro’

Difesa: la coppia di terzini della Juve scudettata, uno “anziano” e uno più giovane, rispettivamente Alberto Bertuccelli e Giuseppe Corradi

Regia: Attilio Giovannini, esperto centromediano dell’Inter

Centrocampo: un altro juventino, Giacomo Mari, e il romanista Arcadio Venturi

Trequarti: altro giocatore della Roma, Egisto Pandolfini, e il numero 10 Boniperti

Ali: a destra Benito Veleno Lorenzi, top player interista, e a sinistra l’esordiente Amleto Frignani, del Milan

Centravanti: Pasquale Vivolo, della Juventus, alla seconda di appena 4 presenze complessive in maglia azzurra

 

La Svizzera d’altro canto non presenta eccellenze qualitative, ma per tradizione sopperisce alle carenze individuali con un importante accorgimento tattico: il Verrou (antesignano del Catenaccio, che proprio in Italia prende forma in quella decade), schieramento dalle spiccate caratteristiche difensive creato vent’anni prima da Karl Rappan, allenatore austriaco che ha consacrato la sua carriera al calcio elvetico.
Gli elementi più talentuosi della formazione rossocrociata sono il capitano Jacques Fatton e l’astro nascente Josef Hügi.
Quest’ultimo nome risulterà indigesto agli italiani due anni più tardi, quando a Losanna e a Basilea gli svizzeri (forti anche del ritorno di Rappan in panchina) ci infliggeranno due sconfitte in pochi giorni, determinando la nostra uscita da Mondiali alla fase a gironi. Hügi sarà assoluto protagonista.

Una formazione della Svizzera ai Mondiali casalinghi del 1954: Hügi e Fatton sono il 4° e il 5° da destra

Torniamo ora alle 14:30 di quel 28 dicembre.

La partita comincia e dopo nemmeno 3 giri di lancette l’Italia passa. Il vivacissimo Lorenzi viene atterrato da Hannes Schmidhauser mentre sta per tirare in porta: rigore. Dal dischetto va Pandolfini: incrocio rasoterra col destro, il giovanissimo portiere Eugène Parlier è spiazzato.
Ottenuto il vantaggio, gli azzurri fanno l’andatura e si riversano in area (arrivano a battere 6 corner nel primo tempo) senza trovare il colpo del ko. Le poche volte che gli svizzeri riescono a manovrare fino ai nostri 16 metri, vengono brillantemente fermati prima di poter impensierire Moro.
Proprio a ridosso dell’intervallo, Venturi dalla distanza costringe Parlier a una respinta con la mano di richiamo.
Si rientra negli spogliatoi sull’1-0.

Nella ripresa occorre consolidare il risultato ed evitare spiacevoli rischi. Mister Beretta decide di mischiare le carte offensive per scardinare definitivamente il Verrou elvetico: Boniperti va all’ala destra, Lorenzi si sposta al centro dell’attacco, Vivolo scala dietro.
Il nuovo assetto infiamma l’azione italiana: continui scambi di posizione per non offrire punti di riferimento, conclusioni a ciclo continuo.
A segnare il gol della sicurezza è colui che non è stato interessato dagli spostamenti di ruolo là davanti: l’esterno di fascia mancina Frignani, che al 72′ si trova a tu per tu con l’estremo difensore svizzero grazie a un velo di Vivolo, e spedisce il pallone all’angolino.
E meno male! Pochi minuti prima, infatti, su una lunga verticalizzazione è arrivata una clamorosa occasione elvetica, ma Francesco Chiesa (al debutto con la propria Nazionale come il suo omologo azzurro Frignani) non ha retto all’emozione e ha “ciabattato” malamente da pochi metri quella che poteva essere la zampata del pari.

Sulla scia dello scampato pericolo e del raddoppio, l’Italia si lancia allegramente in avanti e finisce per esaltare entrambi i portieri: prima Parlier si immola in uscita su Pandolfini, ottimamente inseritosi su un cross basso dalla sinistra; poi Moro effettua un doppio intervento a distanza ravvicinata su Riva, che in contropiede è riuscito a sfuggire alla marcatura di Bertuccelli.
Gli ultimi minuti sono il proscenio di Lorenzi, che incanta la platea palermitana con uno spettacolare repertorio di dribbling e acrobazie. Tuttavia Veleno, pur essendo una spina nel fianco per la retroguardia avversaria e avendo ispirato le sortite dei suoi per tutti i 90 minuti, non riesce a prendersi la gioia personale. Si deve accontentare degli applausi. Gli stessi che si guadagna il compagno di club Giovannini, che troneggia in ripiegamento difensivo sulle residue avanzate della Svizzera.
Infine, come accaduto circa 45 minuti prima, Venturi ci prova da lontano ma Parlier vola ad opporsi.

Finisce 2-0 per l’Italia. Pacifica “invasione” del pubblico. Piccole stille di entusiasmo per un Paese ancora in ricostruzione fisica e morale.

A proposito di Nicolò Vallone

Nato 26 anni fa in Florida, ma italianissimo: una prima infanzia a Palermo, una vita a Milano, una passione per il racconto sportivo scoccata alle Scuole Medie, un 'pezzo di carta' in Lettere e uno in Comunicazione. Pubblicista dal 2015, con un paio di amici ha lanciato il progetto di storytelling su web Sportellers, e ha abbracciato La Notizia Sportiva mosso dalla voglia di viaggiare tra storie ed emozioni. Il suo re: Roger Federer. Il suo dio: Federico Buffa.

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