L’ultimo Gilles

39 anni fa, il piccolo canadese delle corse finiva per sempre i suoi sogni. Nel tentativo di migliorare il suo tempo in pista, esce dal box di Zolder senza mai più farne ritorno.

Maggio, col tempo, si è trasformato nel mese buio della Formula 1. Troppi, quelli che abbiamo sempre definito eroi, che hanno visto una vita spezzata per un errore, un problema, un tragico destino. L’8 maggio del 1982, è un’altra data da fitta al cuore. Soprattutto per chi, le gesta di quell’Aviatore vestito di rosso Ferrari, se l’è godute. Così tanto, da ammalarsi di quella “febbre”, la Febbre Villeneuve, dalla quale difficilmente sarebbe riuscito a guarire. Nemmeno dopo quel giorno disgraziato.

Siamo a Zolder, in Belgio. Alla fine delle prove di qualificazione del Gran Premio, mancano davvero pochi minuti. Improvvisamente, si vede un Cavallino rosso, numero 27, scendere in pista. E’ Gilles Villeneuve. Gilles, monta un treno di gomme già sfruttate. Dopo aver compiuto il giro lanciato, deve riportare la sua 126 C2 ai box. Il pilota Ferrari percorre il giro di rientro ad andatura sostenuta, quando si trova di fronte la March di Jochen Mass, che procede lentamente. Villeneuve tenta si sorpassare il collega, sulla destra, direzione in cui il tedesco stava indirizzando la monoposto per dare strada.

La differenza di velocità, però, tra i due, non lascia margini a provvidenziali correzioni. E, inevitabilmente, la Ferrari tampona la ruota posteriore destra di Mass, spiccando un volo fatale. Si alza, compie due looping completi, urta il guard-rail, ricade sul terreno, ancora un balzo e ancora un looping, per poi ripiombare sul terreno a mezzo metro dall’asfalto. I resti della monoposto catapultavano lo sventurato pilota fuori dall’abitacolo, per terminare la folle corsa in mezzo alla pista, a circa 250 metri dal punto dell’impatto con la March.

Gilles, ancora unito al seggiolino, atterra contro la rete di protezione qualche decina di metri più avanti. Urta il capo contro uno dei paletti di legno che fungono da sostegno della rete. Uno scenario sconvolgente. Le conseguenze dell’impressionante incidente gli sono fatali. Irreversibili. Immediatamente, la FISA apre un’inchiesta per comprendere e stabilire le cause della morte di Gilles. Un incidente che, ancora una volta, ripropone drammaticamente i problemi della sicurezza in Formula 1. Jean-Marie Balestre, presidente FISA, affida la direzione della commissione di inchiesta a Derek Ongaro, l’ispettore di sicurezza della federazione. La commissione aveva il compito di ricostruire la dinamica di Zolder, accertare eventuali responsabilità in relazione alla rottura degli attacchi delle cinture di sicurezza, capire il perché il pilota non fosse stato trattenuto nell’abitacolo e, infine, giudicare la manovra effettuata da Mass, criticata duramente da alcuni suoi colleghi.

In discussione, poi, le gomme da qualifica dalla brevissima durata e dal repentino cambio di prestazioni: in quegli anni, i piloti avevano a disposizione due treni. Ognuno di essi permetteva solo un giro veloce, durante il quale, immancabilmente, ci si ritrovava in pista insieme a monoposto che procedevano lentamente. Dei veri e propri ostacoli da sorpassare. La differenza di velocità è un altro punto di osservazione. Questa, era di circa 25-35 Km/h, tra le vetture turbo, come la Ferrari di Villeneuve, e quelle aspirate, come la March.

Nell’immediatezza dei fatti, l’Ing. Gabriele Cadringher, addetto della federazione al controllo delle vetture, verifica la cellula di sopravvivenza della vettura di Maranello, garantendo che avesse mantenuto inalterate le caratteristiche. Unendo le due parti, se il pilota si fosse trovato al suo interno, non avrebbe lamentato danni per schiacciamento. A Cadringher, resta però difficile valutare il perché si fossero slacciate le cinture. Lo fa, evidenziando che nessuna vettura avrebbe resistito a un impatto a 250 Km/h.

La commissione conclude i lavori in circa tre settimane. Dichiara che si sarebbero dovute adottare immediatamente nuove misure per ridurre la probabilità di rischi che si presentavano utilizzando pneumatici da qualificazione, invitando a intraprendere tutti gli sforzi necessari per migliorare e applicare il regolamento relativo ai poggiatesta, alle cinture di sicurezza, e alle loro chiusure automatiche. Per quanto riguarda la dinamica dell’incidente, la commissione accerta che i dispositivi di sicurezza, applicati sulla Ferrari per proteggere il pilota, avevano funzionato a dovere, considerata l’elevata velocità e l’impatto.

Esclude, inoltre, ogni responsabilità a carico di Jochen Mass, in quale “si era spostato giustamente a destra”, lasciando spazio libero all’interno, cioè la sinistra, parte dove Villeneuve non si era infilato per “un suo errore di valutazione, che l’aveva portato a tentare il sorpasso all’esterno”. Il verdetto avrebbe attribuito le cause dell’incidente a un errore di guida del piccolo canadese. Che, per voglia di rivalsa e di riscatto, avrebbe voluto dimostrare, forse anche a se stesso, di essere il più veloce. Il più temibile. L’imbattibile. Ad ogni costo. Con l’ultima follia.

 

A proposito di Beatrice Frangione

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