Qatar 2022: il Mondiale della Morte e Schiavitù

Secondo un’inchiesta del quotidiano britannico ‘The Guardian’, dal 2010 in Qatar sono morti 6.500 operai immigrati nei preparativi dei Mondiali del 2022.

Non è assolutamente vero che la schiavitù sia scomparsa, anzi è una minaccia ancora presente e che il mondo non ha ancora debellato. Nelle scorse settimane, il noto quotidiano britannico “The Guardian” ha denunciato le terribili condizioni di vita degli operai immigrati, i nuovi “schiavi moderni” e le loro precarie condizioni di vita con stipendi da fame a poco più di un euro all’ora per preparare il grande evento del Mondiale del 2022 in Qatar, nato tra scandali e irregolarità.

Storie di vite devastate, tra progetti grandiosi come la costruzione di sette nuovi stadi e tra cui un nuovo aeroporto, strade, sistemi di trasporto pubblico, alberghi e la creazione di una nuova città che ospiterà la Finale. Ferite multiple contundenti dovute a caduta dall’altezza; asfissia dovuta all’impiccagione. Ma tra le cause, la più comune di gran lunga è la cosiddetta “morte naturale”, spesso attribuita a insufficienza cardiaca acuta o respiratoria a causa delle altissime temperature. Non mancano gli incidenti stradali a causa della scarsa lucidità dovuta a orari massacranti di lavoro.

Il tutto tra occultazioni di autopsie e di quella indifferenza da parte della FIFA, prodiga a ricordarci a ogni evento la sacralità del Fair Play in campo. Tra le tante assurdità c’è anche il silenzio della Politica, magari invidiosa nel non riuscire a replicare quel modello di basso costo del lavoro sacrificando i diritti di quei lavoratori in nome del “Nuovo Rinascimento”. Non è questo il paese in questione, ma è pur sempre uno dei più facoltosi del Medio Oriente e preso come esempio di efficienza, ma dove vigono ancora le condanne a morte, pene pubbliche corporali, processi farsa, eliminazione degli oppositori e dei giornalisti scomodi, attività sindacali vietate così come gli scioperi. Eh sì, che bel modello di vita e di sviluppo!

I dati e le storie di una strage silenziosa

La denuncia è terribile: sarebbero almeno 6.500 i morti, molti dei quali suicidi, morti sul lavoro e per infarto nonostante la giovane età e provenienti dall’India, dal Pakistan, dal Nepal, dal Bangladesh e dallo Sri Lanka. I dati provenienti dall’India, dal Bangladesh, dal Nepal e dallo Sri Lanka hanno confermato che nel periodo 2011-2020 sono stati registrati 5.927 decessi tra i lavoratori migranti. L’ambasciata pakistana in Qatar, invece, ha riportato ulteriori 824 morti tra il 2010 e il 2020. Il totale dei decessi comprende anche quelli di “schiavi” provenienti dalle Filippine e dal Kenya.

C’è chi ha dovuto anche pagare e non ha retto, come Ghal Singh Rai, lavoratore nativo del Nepal che ha dovuto sborsare circa 1.000 sterline per le spese di assunzione per il suo lavoro come pulitore in un campo per i lavoratori che costruiscono lo stadio della Coppa dell’Education City. Dopo una settimana dal suo arrivo, si è suicidato. Oppure quella di Mohammad Shahid Miah, del Bangladesh, fulminato nella sua abitazione a causa di cavi elettrici esposti all’acqua.

La presa di posizione da parte della Nazionale norvegese

Credit: @nff_landslag

La perdita della dignità umana, economica e morale non è stata ignorata da parte della Norvegia. Prima della partita contro Gibilterra, vinta 3-0, Haaland e compagni hanno lanciato un messaggio forte, indossato una maglietta con la scritta “Human rights On and off the pitch” (“diritti umani sul campo e fuori”).

E la Nazionale italiana? Magari un giorno lo farà.

A proposito di Cristian La Rosa

Cristian La Rosa. Classe ’76, ama il calcio e lo sport in generale. Segue con passione il calcio internazionale e ha collaborato con alcuni web magazine. È il fondatore, ideatore ed editore.

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